Guardavo oggi l'edizione on-line del Corriere della Sera e, fra le tante notizie più o meno brutte trovo anche questa:
http://www.corriere.it/cronache/11_aprile_14/monte-bianco-bivacco-high-tech_23af8c8e-665b-11e0-845d-6f853e73e433.shtml
C'è anche una piccola immagine di quello che dovrebbe essere il nuovo bivacco Gervasutti: assomiglia più alla carlinga di un aereo che a un bivacco alpino.
Non vorrei fare il retrogrado a tutti i costi, ma mi sembra che mettere in montagna una struttura di quel genere sia un po' come un pugno in un occhio. Va bene avere le comodità, va bene avere, per esempio, l'elettricità gratuita tramite pannelli fotovoltaici, va bene tutto, ma insomma, qui siamo in montagna, non a Disneyland ?
Mi vengono in mente i bivacchi che ho frequentato ai miei tempi: del primo ho già parlato (si chiamava Luigi Amedeo di Savoia ed è stato sostituito, credo dal Carrel) sul Cervino ed è quello nel quale, per una innocente pisciata notturna volevano buttarmi direttamente sull'Oriondé...
Un altro è stato il bivacco Taveggia, sulla punta Kennedy nel gruppo del Ventina: se non ricordo male (parliamo sempre di mezzo secolo fa o di più) non abbiamo dormito lì. Eravamo partiti dal Tartaglione Crispo in piena notte per fare con la scuola estiva la Est della Kennedy e al bivacco Taveggia abbiamo sostato un po' per tirare il fiato e mangiarci un panino, poi abbiamo fatto la nostra salita. Ricordo che durante la discesa, prevalentemente su ghiaccio, avevo fatto una scivolata fermandomi appena in tempo.
L'altro bivacco, l'ultimo che ricordo, era al Passo di Mello, l' Odello Grandori
Ho trovato in Internet questa foto, mi pare che sia proprio lui.
Eravamo partiti dal Tartaglione Crispo, Beppe M. io e un paio di ragazze che avevano trascorso qualche giorno al rifugio (niente di pruriginoso comunque: in quegli anni o le sposavi o niente). dal Tartaglione avevamo risalito la Val Sissone fin quasi alla testata e poi con un ampio giro avevamo attaccato il ghiacciaio che porta al Passo di Mello. Ricordo che avevamo avuto delle difficoltà per superare la terminale, la mia compagna era scivolata cadendo nel crepaccio e l'avevo tirata su senza particolari problemi, a parte Beppe che sghignazzando diceva: adesso che l'hai salvata te la devi sposare!!
Mi pare proprio di ricordare di averlo mandato affan...
Arrivare al passo non era stato semplice: gli ultimi metri erano parecchio ripidi e la corda fissa era sepolta dalla neve. Tuttavia ci siamo arrivati abbastanza bene: immediatamente al di là del passo c'era il bivacco, al quale non vedevamo l'ora di arrivare perché eravamo in marcia da almeno sette-otto ore. Però... sorpresa!! Il bivacco era in ottime condizioni, ma completamente privo di coperte: qualcuno se le era fregate e i nostri sospetti sono andati sui pastori della Val di Mello. Chissà se erano stati veramente loro. Comunque non ci sono stati grossi problemi per la mancanza di coperte.
Il giorno dopo la nostra intenzione era di salire il Disgrazia per una cresta (forse la Sud?): Beppe che già la conosceva diceva che era una via in un ambiente grandioso e di sicura soddisfazione, ma il tempo non era d'accordo. Era calata una forte nebbia, non si vedeva un tubo e continuare la salita sarebbe stato un rischio che non valeva la pena di correre. Quindi siamo tornati indietro e la vetta del Disgrazia è rimasta uno dei tanti sogni non realizzati nella mia vita di alpinista. A proposito: conoscete l'origine di un nome tanto ?menagramo? per una cima tanto bella? Tanto bella al punto che il suo primo nome fu ?Pizzo Bello?. Sembra (anche se sono altre versione) che il nome sia una corruzione del dialetto locale ?desglacia?, cioè che scarica ghiaccio dovuto secondo alcuni al fatto che gli alti pascoli sono formati da un'erba scivolosa, sulla quale la neve faceva poca presa e scivolava a valle. Secondo altri, invece, al fatto che le pareti abbastanza ripide favorivano il distacco di slavine.
15-4 ho risistemato l'immagine che era troppo piccola