Aiguille de Leschaux, 3759m. Dalla Val Ferret per il Bivacco Gervasutti, AD+
Splendida foto di Antonio Giani, di SummitPost
Nel lontano autunno del 2005, in occasione della salita al
Mont Dolent dal bivacco Fiorio, rimasi colpito dalle selvagge montagne che costituiscono questo prolungamento a NE del massiccio del Bianco, oltre le Grandes Jorasses. Mi riproposi di tornarvici: c?erano belle possibilità, la Triolet, la Leschaux, les Petites Jorasses.
Sempre nel 2005 poi, in occasione di un corso SGL al Rifugio Bonatti, la lucina sempre accesa nell?alto vallone di Freboudze attrasse la mia curiosità e mi affascinò. Chiesi ragguagli ad una guida che era con noi e scoperto che si trattava del Bivacco Gervasutti, trovai una meta che sempre nelle stagioni seguenti mi sarebbe ronzata in testa. Passarono gli anni e al posto del
bivacchetto in legno e lamiera che costituiva la prima capanna, venne posizionato uno dei
bivacchi più tecnologici delle Alpi: una struttura avveniristica dotata di ogni comfort (che ha avuto anche diverse critiche dai puristi dello stile classico), ma che ero sicuro non avrebbe tolto fascino a questi remoti luoghi. Un motivo in più comunque per andarci a fare visita.
Due anni fa ?da tergo? ci eravam avvicinati alla vetta con l?intenzione di salire la
Goulotte W del Col des Petites Jorasses dal Refuge de Leschaux, ma un eccessivo innevamento e pessime condizioni del ghiacciaio ci avevano respinto.
http://www.on-ice.it/onice/viewtopic.php?p=147328
In questa foto del versante della
Goulotte, la cima della Leschaux è impressionante!
Dopo tanti anni che rimandavo questa gita e che la proponevo a Mara, finalmente arriva l?occasione per andare a farla. La meta iniziale era una classica goulotte (probabilmente in condizioni buone) nel bacino del Gèant, ma con l?aggregarsi di Mattia e Marco (Romelli) più interessati ad una gita selvaggia che ad una goulotte da ?parco giochi?, la decisione è presto presa. Per anticipare il maltempo della domenica, partiamo venerdì per la Val Ferret. Le nevicate dei giorni scorsi hanno apportato dei consistenti accumuli in quota, ma confidiamo nel caldo che subito è seguito per l?assestamento e la trasformazione della neve. Salendo il vallone di Freboudze fino a 2200 m (dopo il ripido tratto roccioso attrezzato con corde fisse) sembra che le aspettative siano rispettate, tant?è che abbiam pure lasciato le ciaspole in auto. L?ambiente è sublime. Le Grandes Jorasses con la loro possente parete Est e la cresta di Tronchey attirano continuamente i nostri sguardi. Più saliamo e più ci rendiamo conto che le nostre valutazioni erano errate. In molti tratti sfondiamo fino all?inguine, in mezzo ad un antipatico labirinto di rocce. Arriviamo al bivacco ben più tardi del previsto con un caldo sempre più deciso. L?ultimo tratto è attrezzato con una corda fissa, ma piuttosto delicato. Quando vediamo il bivacco spuntare non possiamo che rimanere esterrefatti. Ha un aspetto singolare che sotto certi aspetti mal si inserisce nel contesto di queste zone che hanno le ?rocce che profumano di storia?. Quando ne varchiamo la soglia però, memori di buchi angusti, sporchi, fatiscenti,?cambiamo presto opinione. Una stupenda vetrata mostra la vallata sotto di noi. Tuttavia le aspettative sui comfort del bivacco vengono presto deluse: i pannelli solari, nonostante siano solo per metà coperti dalla neve, non danno energia né per l?illuminazione, né al computer, né alla radio e né alla piastra elettrica. Per fortuna ci eravam portati il nostro fornelletto per sicurezza.
Paradossalmente era più efficiente il lumino sempre acceso degli anni passati ad indicare la via agli alpinisti smarriti, piuttosto che le tecnologie avveniristiche di oggi. Ciò sia di monito e riflessione?
Non c?è tempo per riposarsi: visto l?abbondante innevamento, se vogliamo avere successo domani dobbiamo andare a tracciare. È così che io e Mara partiamo sulle rocce sopra il bivacco e giungiamo sul ghiacciaio. La neve è abbondante e ci obbliga a procedere un po? chini usando anche l?appoggio delle mani per non sfondare troppo. Dopo un?ora superiamo la prima rampa del ghiacciaio che ci permette di vedere la bastionata rocciosa, che rappresenta il punto chiave della salita dell?indomani. Tornati al bivacco possiamo cenare. Intanto all?esterno invece che venire buio sembra schiarire: la luna piena è sorta e il ghiacciaio sotto di noi produce un riverbero accecante. Alle 4, in tre (Mattia si farà una giornata relax al bivacco) seguendo le nostre comode tracce in una atmosfera surreale saliamo fino al punto raggiunto la sera prima. Da qui la neve comincia a portare bene a parte qualche tratto. Il ghiacciaio, solitamente travagliato, risulta coperto da un ottimo strato di neve e solo un ponte (comunque ben solido) ci fa porre più attenzione. Arriviamo alla base della bastionata che è ancora buio. Presa l?attrezzatura da roccia parto per salire una serie di diedri (II-III), placche e goulottine divertenti che portano ai pendii superiori facili, ma delicati per la neve non sempre perfetta. Giunti al ghiacciaio sospeso le Jorasses davanti a noi si illuminano per l?alba. Il proseguo è ancora faticoso fino al colle sotto lo scoglio roccioso della cima, dove arriva anche il sole. Cornici spaventose sul versante del Dalmazzi rendono l?ambiente particolarmente suggestivo. Lasciati gli zaini superiamo i 60 metri di misto e roccia giungendo a sinistra della cima. Sotto di noi il baratro del ghiacciaio di Leschaux. Da qui cavalcando letteralmente il filo aereo della cresta giungiamo sulla sommità dove è presente una sosta per calata. Un torrione, defilato dalla cresta principale verso N e che pare più alto degli altri, attira la mia attenzione. Con pochi passaggi atletici ed aerei ne calchiamo uno alla volta l?appuntita sommità. Due doppie da 30m, la neve ormai cotta e siamo alla bastionata dove attrezziamo 4 doppie su spuntoni per giungere alle 2 doppie già attrezzate che ci depositano comodamente alla base. Giunti sopra il bivacco troviamo il materiale lasciatoci da Mattia che ha cominciato la discesa e senza passare dal suddetto cominciamo il nostro ultimo calvario: la neve, a tratti portante sulle vecchie tracce, cela buchi enormi tra le rocce. Talvolta scendiamo col sedere per evitarci anche pochi metri di discesa sulla precaria traccia. Quando arriviamo alla macchina da Mattia in men che non si dica il cielo si copre e il Bianco appare avvolto in dense nubi minacciose: il maltempo annunciato è arrivato, ma ormai noi viviamo dei ricordi di questa favolosa giornata che ha dimostrato ancora una volta come anche una via normale sul Bianco non sia mai una passeggiata. Grandiosa gita di soddisfazione. E buon battesimo, che da tempo rimandavamo, per far cordata con Marco...alla prossima!
La mia relazione dettagliata qui:
http://www.on-ice.it/onice/onice_view_r ... =4&id=4440
Il report di Marco sul suo sito:
http://romelli-marco-illustrazione.blog ... chaux.html
Il reportage completo al:
http://www.on-ice.it/onice/viewtopic.php?t=16507
Qualche foto qui:
Quanto monotona sarebbe la faccia della Terra senza le montagne (Emanuel Kant).
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