Gian Piero Motti

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Gian Piero Motti

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » sab nov 29, 2014 22:39 pm

Molti conosceranno queste righe:

"Comunque se vi sarà rinunzia, come si è già detto, sarà certamente sofferente, con strascichi di melanconia e nostalgie (a questo proposito si veda il libro di Walter Bonatti "I giorni grandi", Mondadori, 1971). Si può anche fare «La pace con l'Alpe» ma forse, anche se il paragone non è molto efficace, è come passare nello stesso giorno da una rappresentazione del teatro shakespeariano ad un film musicale hollywoodiano. Il proverbio dice anche che «chi si accontenta gode», cosa di cui si può essere più o meno convinti, soprattutto perché si è occidentali, quindi educati e cresciuti in una cultura occidentale, che ripone soddisfazione e felicità nella conquista di una meta. Se si fosse nati in Ladakh (Kashmir) e cresciuti nella cultura buddista, forse il proverbio avrebbe anche ragione. Ma certamente non si sentirebbe il bisogno di scalare le montagne e di misurarsi con noi stessi sulle pareti: l'alpinismo è un classico derivato della società occidentale e della sua cultura, impostata gerarchicamente nel rapporto uomo-Natura.
Accanto a questa corrente "pacifista", esiste il filone tradizionalista e conservatore, che propone un alpinismo forse non più romantico ed eroico come un tempo, ma comunque estremamente serio e severo nelle sue regole, anche se l'accettazione del gioco risulta meno istintiva ed emotiva, più razionale ed analitica. L'alpinista che si inserisce in questa corrente, sa molto bene che per la conquista della meta vi è un tributo di angoscia, di fatica e di sofferenza da pagare, ma evidentemente accetta il gioco in quanto si sente ampiamente ripagato da ciò che la scalata gli può offrire. I rappresentanti di quest'alpinismo proseguono, come se fossero investiti di una missione, nel portare avanti un discorso culturale tipicamente occidentale, inserito in una mentalità evolutiva tesa a spostare sempre più avanti il limite dell'impossibile (quindi a estreme conseguenze, anche a vincere la morte) o con mezzi molto severi e leali (ideologia di cui Messner si fa paladino), oppure con mezzi assai compromessi con la tecnologia ed ambiguamente in simbiosi con interessi finanziari e commerciali.

3.
Vi è poi una terza corrente di pensiero che cerca di realizzare una difficile sintesi tra le due correnti ma che opera invece una proiezione dal concreto all'astratto, trasferendo l'ideologia della vetta e della meta nella difficoltà pura. Costoro hanno rigettato il cosiddetto alpinismo eroico e non accettano i sacri canoni di unità di tempo e d'azione che invece sono regola nelle imprese dell'alpinismo tradizionale. Per essi arrampicare è (o per lo meno dovrebbe essere) un gioco, dove non esiste una meta da raggiungere (generatrice di insoddisfazioni a catena), ma semplicemente la gioia si trae dall'arramptcare stesso, senza pressioni finalistiche interne od esterne, assaporando a lungo la stessa permanenza e "vita" in parete e quasi dimenticando la fretta di riuscire ed il tempo.
È certo una proposta interessante, che però richiede una grossa rinunzia: quella dell'alta montagna, dove esistono pericoli oggettivi e dove l'ambiente è particolarmente ostile e severo (Alpi, Himalaya, Ande). È un gioco che può essere magnificamente condotto sulle solari muraglie granitiche della Yosemite Valley (California) o sulle fantastiche scogliere delle Calanques (Provenza, Francia), dove anche un cambiamento del tempo non presenta alcun rischio data la bassa quota e le possibilità di ritirata.
Particolare curioso: le scalate di questa genere sfociano quasi tutte su altopiani boscosi e prativi, assai lontani quindi dalla tensione drammatica della vetta simbolica. Su questi altopiani tutto finisce come per incanto: cessa l'ansia della salita e non esiste preoccupazione per la discesa in quanto inesistente, è la fine delle linee verticali. Come se si giungesse al termine di una salita mitica che porta ad un Eden ritrovato; qui finalmente ci si slega, si godono il sole, l'acqua fresca, il verde, i fiori e gli animali. In perfetta armonia con la Natura orizzontale ritrovata, senza ansia per il dono, ci si assopisce con la corda sotto il capo e poi scalzi, camminando sull'erba o nel sottobosco, ci si incammina senza meta e senza fretta.

Bismantovala Pietra di Bismantova, uno dei più bei "prati di vetta" e luogo di elezione della "pace con l'Alpe"

La proposta piace parecchio ai giovani, sopratttutto perché la "vita in parete" assume un po' il significato di disciplina di conoscenza di sé stessi, riportando alla ribalta filosofie orientali introspettive oggi assai di moda (yoga, buddismo-Zen). Il distacco infatti è molto più lento e graduale, vissuto più dolcemente. Il dialogo tra sé e sé, seppur raggiungendo dei livelli schizofrenici di separazione della personalita, non è combattuto e represso, anzi è cercato ed usato dialetticamente come strumento di conoscenza di sé stessi. Vi è però un grande pericolo che si cela nella pratica di questo tipo d'alpinismo: si può correre il rischio di mantenere la stessa ideologia dell'alpinismo tradizionale, trasferendo il simbolo della vetta nella difficoltà del singolo passaggio. La meta da raggiungere e superare non è più la vetta, ma la lunghezza di corda o il passaggio difficile e sempre più difficile, instaurando il concetto di limite delle possibilità umane. La scalata allora diviene come una serie di tante piccole vette da raggiungere, rappresentate da una sequenza di passaggi a sé stanti, dalla base alla cima. Così si genera una competitività con sé stessi ed un'angoscia di caduta ancora peggiore, sfociando quasi sempre nel tecnicismo più esasperato e nell'arido atletismo. E poi, anche in questo caso, la rinunzia alla "grande montagna" costa sicuramente sacrificio, in quanto questi ambienti di alta montagna creano un eccezionale palcoscenico naturale, in cui l'azione acquista un fascino ed un sapore ineguagliabili."

...ma forse qualcuno non le aveva mai lette.

Certo l'uomo era "avanti".

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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda VECCHIO » dom nov 30, 2014 10:36 am

tacchinosfavillantdgloria ha scritto:..............................

...ma forse qualcuno non le aveva mai lette.

Certo l'uomo era "avanti".

Salud
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lo metto anche qui così non lo perdo se cancellate la copia del topic

Sempre bello rileggere i suoi pensieri, e poi lui li scriveva bene, magari raccontava solo la parte bella, non quella che lo demoralizzava.
Lui era molto bravo nell'analisi della realtà che lo affascinava e forse era un po' anticipatore nell'analisi, ma già da alcune parti all'estreo ci erano arrivati da tempo e qualcuno viveva da anni qui da noi la realtà, senza solamente teorizzarla.
Ma non ce l'ha fatta.
Lui non ha trovato una sua soluzione, non ha saputo vivere la realtà che teorizzava, si è dichiarato un fallito e si è suicidato.
Questo per me in qualsiasi forma di alpinismo è una enorme contraddizione, non riesco a definirlo un alpinista.
Lui col suo gesto ha negato la pratica di qualsiasi forma di alpinismo.
Per me era un debole che non riusciva a soddisfare le sue ambizioni, non riusciva a comprendere quale dimensione potessero raggiungere: per lui era sempre troppo piccola nei confronti di quelle che riuscivano a raggiungere molti altri.
Lo accetto un po' solo se mi spiego il tutto dicendo che forse si era accorto che "se la tirava troppo" e si è vergognato.

I più non la pensano come me.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda Danilo » dom nov 30, 2014 11:43 am

tacchino ma da dove l'hai pescato?

..se è dai " I falliti" non me lo ricordo proprio per niente :oops:
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » dom nov 30, 2014 11:51 am

Sul gesto "estremo" di Motti (termine un po' abusato, ma non trovo di meglio) mi viene in mente l'incipit del "mito di Sisifo": 'Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia.' O al limite Seneca: 'Placet? Vive. Non Placet? Licet eo reverti, unde venisti". Certo il tema è piuttosto impegnativo per affrontarlo in un topic di PM.

Su fatto che Gian Piero Motti fosse o non fosse un alpinista...beh, nel mio piccolo mi viene da dire: se non lo era lui, chi altri?

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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » dom nov 30, 2014 11:54 am

Danilo ha scritto:tacchino ma da dove l'hai pescato?

..se è dai " I falliti" non me lo ricordo proprio per niente :oops:


È tratto dall'introduzione alla storia dell'alpinismo.

Bibliofili saluti
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda espo » dom nov 30, 2014 12:53 pm

VECCHIO ha scritto:
tacchinosfavillantdgloria ha scritto:..............................

...ma forse qualcuno non le aveva mai lette.

Certo l'uomo era "avanti".

Salud
TSdG


lo metto anche qui così non lo perdo se cancellate la copia del topic

Sempre bello rileggere i suoi pensieri, e poi lui li scriveva bene, magari raccontava solo la parte bella, non quella che lo demoralizzava.
Lui era molto bravo nell'analisi della realtà che lo affascinava e forse era un po' anticipatore nell'analisi, ma già da alcune parti all'estreo ci erano arrivati da tempo e qualcuno viveva da anni qui da noi la realtà, senza solamente teorizzarla.
Ma non ce l'ha fatta.
Lui non ha trovato una sua soluzione, non ha saputo vivere la realtà che teorizzava, si è dichiarato un fallito e si è suicidato.
Questo per me in qualsiasi forma di alpinismo è una enorme contraddizione, non riesco a definirlo un alpinista.
Lui col suo gesto ha negato la pratica di qualsiasi forma di alpinismo.
Per me era un debole che non riusciva a soddisfare le sue ambizioni, non riusciva a comprendere quale dimensione potessero raggiungere: per lui era sempre troppo piccola nei confronti di quelle che riuscivano a raggiungere molti altri.
Lo accetto un po' solo se mi spiego il tutto dicendo che forse si era accorto che "se la tirava troppo" e si è vergognato.

I più non la pensano come me.


ma io non so xchè ha voluto andarsene. non ho manco mai capito bene perchè si definiva fallito e voleva che lo fossimo tutti. forse ero troppo distante dal suo modo di vedere le cose allora per poter capirlo.

non riuscivo a capire perchè non potevo trovare la mia felicità suprema su una vetta quando proprio là io ero felice.

una vetta aguzza o il prato di bismantova sono la stessa cosa. la fine di un viaggio e l'inizio del ritorno alla vita normale. è solo la diversa morfologia delle pareti e delle montagne che le fa sembrare diverse. ognuno le vive a modo suo.

le vive.... fino in fondo
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda espo » dom nov 30, 2014 12:54 pm

tacchinosfavillantdgloria ha scritto:M.

Su fatto che Gian Piero Motti fosse o non fosse un alpinista...beh, nel mio piccolo mi viene da dire: se non lo era lui, chi altri?

Salud
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alpinista è chi sale le montagne per il piacere di farlo. tutto il resto sono elucubrazioni. ognuno è alpinista a modo suo.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda Danilo » dom nov 30, 2014 13:41 pm

espo ha scritto:
tacchinosfavillantdgloria ha scritto:M.

Su fatto che Gian Piero Motti fosse o non fosse un alpinista...beh, nel mio piccolo mi viene da dire: se non lo era lui, chi altri?

Salud
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alpinista è chi sale le montagne per il piacere di farlo. tutto il resto sono elucubrazioni. ognuno è alpinista a modo suo.


sì ma il succo di motti è tutto racchiuso qua.

chi sale le montagne lo fa veramente per il piacere o c'è qualcosa d'altro :?:
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda espo » dom nov 30, 2014 13:43 pm

Danilo ha scritto:
sì ma il succo di motti è tutto racchiuso qua.

chi sale le montagne lo fa veramente per il piacere o c'è qualcosa d'altro :?:


certo. se non sei obbligato a farlo .... guerra soccorso lavoro ecc ecc, se puoi sceglire di andarci o andar altrove lo fai per il tuo piacere.

caso mai si può andar a discutere su che cosa sia "piacere" per ognuno di noi.... :mrgreen:
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda Danilo » dom nov 30, 2014 14:08 pm

espo ha scritto:
Danilo ha scritto:
sì ma il succo di motti è tutto racchiuso qua.

chi sale le montagne lo fa veramente per il piacere o c'è qualcosa d'altro :?:


certo. se non sei obbligato a farlo .... guerra soccorso lavoro ecc ecc, se puoi sceglire di andarci o andar altrove lo fai per il tuo piacere.

caso mai si può andar a discutere su che cosa sia "piacere" per ognuno di noi.... :mrgreen:


:smt023

comunque...che piacesse o non piacesse il motti è stato veramente 'unico a scrivere 'ste storie.
anche se non inamorato cotto a me piaceva...
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda espo » dom nov 30, 2014 15:23 pm

Danilo ha scritto:
espo ha scritto:
comunque...che piacesse o non piacesse il motti è stato veramente 'unico a scrivere 'ste storie.
anche se non inamorato cotto a me piaceva...


come scriveva le storie mi piace ancora. è capirle il problema :?
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda VYGER » dom nov 30, 2014 16:25 pm

Danilo ha scritto:
espo ha scritto:
tacchinosfavillantdgloria ha scritto:M.

Su fatto che Gian Piero Motti fosse o non fosse un alpinista...beh, nel mio piccolo mi viene da dire: se non lo era lui, chi altri?

Salud
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alpinista è chi sale le montagne per il piacere di farlo. tutto il resto sono elucubrazioni. ognuno è alpinista a modo suo.


sì ma il succo di motti è tutto racchiuso qua.

chi sale le montagne lo fa veramente per il piacere o c'è qualcosa d'altro :?:


Bella domanda, Danilo...
È il crux...

:lol:

È la croce.
E qui rido meno.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda Il Profeta » dom nov 30, 2014 20:37 pm

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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda VECCHIO » lun dic 01, 2014 10:46 am

Danilo ha scritto:
espo ha scritto:
alpinista è chi sale le montagne per il piacere di farlo. tutto il resto sono elucubrazioni. ognuno è alpinista a modo suo.


......

chi sale le montagne lo fa veramente per il piacere o c'è qualcosa d'altro :?:


Provare piacere ?
Bisogna fare fatica, bisogna allenarsi, bisogna soffrire, talvolta non si mangia, non si beve, non si dorme, ci si spaccano le articolazioni, le ossa, i muscoli, si rischia di morire...... e lo si fa per tanti anni !
Divertirsi, provare piacere ?
Forse l'alpinismo è una delle poche attività ancora rimaste dove si deve in modo più o meno continuo condurre una strenua battaglia contro se stessi per riuscire ad acquisire delle capacità che permettano di “entrare” nella natura dovunque si venga attratti.
E ci vuole impegno, dedizione, costanza, assunzione di responsabilità, forse una certa forma di fanatismo masochistico.
Forse dopo tutto questo la realizzazione di queste attrazioni dà piacere, o diverte ?
E poi solo ogni tanto si riesce a fare qualcosa che si ritiene sublime per se stessi.
Io quando riesco a realizzare dei sogni gioisco.
E magari sdraiato mentre osservo un fiore su un sasso con una formica che vi fa la vagabonda scopro che sono sereno.
Però una mia grande gioia è stata quando una sera ero seduto su una cima e uno scoiattolo (?) con una coda nera è sbucato dalla parete di quella giornata, mi ha osservato a lungo, ha fatto un verso e se ne è tornato indietro.
Nelle pareti bisogna tornare, son posti meravigliosi.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda giudirel » lun dic 01, 2014 11:54 am

Il problema di Motti era una declinazione (una delle tante) del problema che era stato di Rossa e più tardi fu di Manera che scrisse il famoso ed un po' irritante Settimogradisti parassiti sociali.
Chi più chi meno ce la spippazziamo tutti abbastanza bene a sdrucirci le brache su e giù per bricchi.
Ne parliamo un casino, ce la raccontiamo in lungo ed in largo e ci aggiungiamo l'orgoglio di essere un po' out o molto in, con qualche brandello di filosofia pop e pure un po' indie se non green... ma in fondo sempre un po' neocajanazzi (se non vetero) e un po' tronfietti di supporci immaginificamente e romanticamente differenti.
Ci facciamo pippe a due mani sulle nostre sensazioni, esperienze, sogni.
Ben che vada in un delirio egotico che Narciso in confronto non era nessuno.
E dal medesimo delirio attingiamo meglio che da una cornucopia giustificazioni elegiache per la nostra sociopatia.
Segaioli siamo... altro che balle.
Però purtroppo per noi la realtà prima o poi irrompe in questa torre d'avorio e ci si rende conto che là fuori c'è il mondo e che il mondo è un bel pentolone di merda.
Che rispetto al fatto che il mondo sia appunto tale qualche responsabilità e qualche dovere ce l'abbiamo e che circoscrivere i nostri interessi e le nostre attenzioni ad un giardino fatato molto più artificiale di quello che ci piacerebbe ammettere, è una cosa un po' meschina.
E allora quel bel gioco, quella felice illusione, ti si rivolta contro e devi rimettere a posto tutti i pezzi, magari ridefinire pesi e misure, trovare un nuovo equilibrio ed una nuova consapevolezza.
Può anche capitare che poi non ce la fai.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda al » lun dic 01, 2014 12:06 pm

Io personalmente trovo la prosa di Motti profondamente compromessa da un lato con una ideologia critica di stampo marxista, e dall’altro con una sorta di pessimismo derivato dal vedere i limiti di questa critica, cioè la sua incapacità di riuscire a trarre una sintesi di una attività che in fondo non ha nessun senso.
Il limite del pensiero di Motti, che non supera mai una certa pedanteria tipica del “saputo ma incompreso”, sta proprio nel tentativo di produrre una sintesi di tipo filosofico di una attività che nasce e si sviluppa in un tempo storico, ma che ha a che fare più con un carattere umano, che con una concezione del mondo di tipo “occidentale”.
Insomma, la teoria critica della società, l’idea cioè di imputare ad un modello di sviluppo tecnoscientifico/sociale i mali dell’uomo, mostra immediatamente la corda anche solo in queste poche righe citate: tutti e tre i modi di relazionarsi con la roccia portano secondo Motti a una condizione di competitività in cui l’animo umano non si pacifica ma cade continuamente in una spirale di alienazione. A questa modalità occidentale – alienante - parrebbe contrapporsi una modalità orientale – conciliante - in cui viene tematizzata non la competizione con la natura/mondo, ma l’armonia.
Se è vero che l’alpinismo nasce e si sviluppa grazie al tempo lasciato libero dal lavoro grazie alle nuove modalità produttive, insomma se è uno dei frutti della società borghese che permette a sempre più vasti strati della popolazione di liberarsi dalla costrizione continua del lavoro, è altresì vero che convoglia energie umane connaturate all’essere e non certo inventate con il capitalismo.
A Motti sfugge questa dimensione di libertà come sostanza dell'alpinismo. Gli rimane al fine l'idea dell'alpinsimo come svago. Probabilmente egli non si capacita di come una natura possa ridursi negli angusti limiti di uno svago, o peggio che lanatura umana non sia un qualcosa di pacificato.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda giudirel » lun dic 01, 2014 12:54 pm

al ha scritto:Se è vero che l’alpinismo nasce e si sviluppa grazie al tempo lasciato libero dal lavoro grazie alle nuove modalità produttive, insomma se è uno dei frutti della società borghese che permette a sempre più vasti strati della popolazione di liberarsi dalla costrizione continua del lavoro, è altresì vero che convoglia energie umane connaturate all’essere e non certo inventate con il capitalismo.
A Motti sfugge questa dimensione di libertà come sostanza dell'alpinismo. Gli rimane al fine l'idea dell'alpinismo come svago. Probabilmente egli non si capacita di come una natura possa ridursi negli angusti limiti di uno svago, o peggio che la natura umana non sia un qualcosa di pacificato.


Giusto e detto benissimo.
Io credo che non la pacificazione, che come giustamente dici non è qualcosa che fa parte della natura umana, ma un equilibrio si possa trovare nell'accettazione della connotazione di svago non come categoria colpevole anche se talvolta contradditoria.
Per poi ricostruirsi una scala di valori, di importanza e di priorità, consapevoli che non si tratterà mai di una regola valida per tutti ed in tutte le condizioni ma solo esclusivamente del proprio personale e temporaneo punto di equilibrio.
Forse la generazione dei figli del dopoguerra è quella che ha fatto più fatica a metabolizzare questo percorso.
A noi, fii del mangim, è andato più liscio, ai giovinastri di oggi e alla loro cultura liquida non è così facile adattare questo modello. Ma potrei anche sbagliarmi di grosso.
Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono e per questo si chiama presente.
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » lun dic 01, 2014 13:06 pm

giudirel ha scritto:Il problema di Motti era una declinazione (una delle tante) del problema che era stato di Rossa e più tardi fu di Manera che scrisse il famoso ed un po' irritante Settimogradisti parassiti sociali.
Chi più chi meno ce la spippazziamo tutti abbastanza bene a sdrucirci le brache su e giù per bricchi.
Ne parliamo un casino, ce la raccontiamo in lungo ed in largo e ci aggiungiamo l'orgoglio di essere un po' out o molto in, con qualche brandello di filosofia pop e pure un po' indie se non green... ma in fondo sempre un po' neocajanazzi (se non vetero) e un po' tronfietti di supporci immaginificamente e romanticamente differenti.
Ci facciamo pippe a due mani sulle nostre sensazioni, esperienze, sogni.
Ben che vada in un delirio egotico che Narciso in confronto non era nessuno.
E dal medesimo delirio attingiamo meglio che da una cornucopia giustificazioni elegiache per la nostra sociopatia.
Segaioli siamo... altro che balle.
Però purtroppo per noi la realtà prima o poi irrompe in questa torre d'avorio e ci si rende conto che là fuori c'è il mondo e che il mondo è un bel pentolone di merda.
Che rispetto al fatto che il mondo sia appunto tale qualche responsabilità e qualche dovere ce l'abbiamo e che circoscrivere i nostri interessi e le nostre attenzioni ad un giardino fatato molto più artificiale di quello che ci piacerebbe ammettere, è una cosa un po' meschina.
E allora quel bel gioco, quella felice illusione, ti si rivolta contro e devi rimettere a posto tutti i pezzi, magari ridefinire pesi e misure, trovare un nuovo equilibrio ed una nuova consapevolezza.
Può anche capitare che poi non ce la fai.


Di solito non ci troviamo molto d'accordo, ma in questo caso condivido abbastanza l'analisi.

Rispetto alle considerazioni di al, probabilmente è vero che la spinta a praticare attività come l'alpinismo ha le sue radici non solo in uno specifico contesto socio culturale, ma è anche legato a una certa tendenza personologica (propensione al sensation seeking ecc. ecc.). È però un dato di fatto che la pratica diffusa dell'alpinismo è storicamente caratteristica delle società "occidentali" (o comunque di élite occidentalizzate); e in particolare il recente boom dell'arrampicata sportiva, sono convinto che abbia a che fare con un certo clima culturale che valorizza l'individualismo competitivo e la propensione al rischio come caratteristiche positive.

Sociologici saluti
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda pisolo » lun dic 01, 2014 13:07 pm

giudirel ha scritto:Il problema di Motti era una declinazione (una delle tante) del problema che era stato di Rossa e più tardi fu di Manera che scrisse il famoso ed un po' irritante Settimogradisti parassiti sociali.
Chi più chi meno ce la spippazziamo tutti abbastanza bene a sdrucirci le brache su e giù per bricchi.
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Ci facciamo pippe a due mani sulle nostre sensazioni, esperienze, sogni.
Ben che vada in un delirio egotico che Narciso in confronto non era nessuno.
E dal medesimo delirio attingiamo meglio che da una cornucopia giustificazioni elegiache per la nostra sociopatia.
Segaioli siamo... altro che balle.
Però purtroppo per noi la realtà prima o poi irrompe in questa torre d'avorio e ci si rende conto che là fuori c'è il mondo e che il mondo è un bel pentolone di merda.
Che rispetto al fatto che il mondo sia appunto tale qualche responsabilità e qualche dovere ce l'abbiamo e che circoscrivere i nostri interessi e le nostre attenzioni ad un giardino fatato molto più artificiale di quello che ci piacerebbe ammettere, è una cosa un po' meschina.
E allora quel bel gioco, quella felice illusione, ti si rivolta contro e devi rimettere a posto tutti i pezzi, magari ridefinire pesi e misure, trovare un nuovo equilibrio ed una nuova consapevolezza.
Può anche capitare che poi non ce la fai.


Una sintesi meravigliosa ed impeccabile, mi inchino giudirel

A margine: che si ritenga più o meno valida la lettura della nascita dell'alpinismo come prodotto della cultura occidentale, ritengo comunque validissima la sintesi di Motti in quanto in quest'ambito si producono vari tipi umani che possono (pur tra mille semplificazioni) essere in effetti ricondotti alle categorie di cui si discute. Accettare lo svago come non colpevole (=non rischioso) è probabilmente il primo step per superare la dimensione eroica/egocentrica che contraddistingue la maggior parte della popolazione rampicante, specie in questi tempi "liquidi" (ottimo spunto pure questo!)
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Re: Gian Piero Motti

Messaggioda pablo75 » lun dic 01, 2014 13:41 pm

I giorni del tempo passato accorreranno a noi tutti insieme quando li chiameremo e si lasceranno esaminare e trattenere a tuo arbitrio.
È proprio di una mente sicura di sé e quieta l'andar di qua e di là per tutte le parti della sua vita,
mentre gli animi delle persone indaffarate non possono ne rivoltarsi nè guardare indietro, quasi si trovassero sotto il giogo


molte sue considerazioni partivano volgendo lo sguardo al passato. vedi qui seneca, in prologo al suo più famoso scritto

dopo quaranta anni, ritenere oggi motti e i suoi scritti "indietro" e giudicarlo stralciandone quà e là pezzi su internet, induce a decontestualizzarli senza capire quanto invece fosse "avanti", quanto fosse attuale

e la storia ci insegna che molti, troppi animi sensibili, tra quelli parecchio avanti, capita che poi non ce la fanno (per dirla alla giudirel - stracomplimenti per il post!) perchè incapaci di ricomporre un puzzle difficilissimo, anzi impossibile, per mancanza dei pezzi. Ma quello che però ci hanno lasciato nel tentativo di ricostruirlo, quel puzzle, è tanta roba
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