Enzolino ha scritto:Bravissimo! Condivido in pieno quello che hai scritto!Maurizio ha scritto:...Ciò che dice Christian è interessante. Io ho sempre sostenuto la soggettività (o relatività) della prestazione, in disaccordo, per esempio con Fabio. Io sono convinto che le imprese di Huber, Bole e compagnia bella siano il top nelle rispettive discipline...ma quello che hanno perso le riviste, e chi le fa, è la capacità di comunicare qualcosa raccontando queste imprese. Voglio dire, mentre redigo una cronaca alpinistica è impossibile non parlare di ciò che fa Huber, non posso prescindere dal farlo...ma una cronaca non ha comunque la pretesa di suscitare un emozione nel lettore...se non per sindrome da identificazione, o come cavolo la chiamano gli psicologi!
Quando Motti traduceva gli articoli di Robbins parlava lo stesso di imprese impossibili per qualsiasi lettore di quell'epoca. E sono convinto che allora nessuno avesse una lontana idea di cos'era Yosemite. Però leggere quelle cose emozionava, perchè chi scriveva era capace di creare una sintonia emozionale con il lettore. Così anche Gogna parlava di VII grado quando saranno stati in 5 a capire che cos'era, però era riuscito a far percepire, all'arrampicatore comune, che lì in quelle pagine forse un giorno sarebbe arrivato anche lui. Dicono la stessa cosa le foto di Bole su Italia 61? Non credo, perchè la filosofia alla base non è la stessa, non ti sto dicendo "guarda cosa potresti fare, è bellissimo...", ti sto dicendo "guarda che cosa impossibile che sto facendo"...non so se mi sono spiegato. Oggi non è che non sia più possibile comunicare qualcosa di differente, semplicemente i protagonisti di queste imprese non ne sono capaci e comunque non pretendono di esserlo. Loro vivono le stesse emozioni che viveva Robbins e Pratt, ma non riescono a comunicarle (a meno di non ricorrere a metodi di comunicazione diversi dalla scrittura)! E i redattori, imbrigliati nelle regole di mercato, non hanno neanche interesse a sbattersi più di tanto per ricercare qualche alpinista, magari semi-sconosciuto, che sappia ancora ri-creare questa sintonia.
certo una volta era più facile. Si era meno condizionati, si aveva meno concorrenza, tutti i cervelli migliori lavoravano all'interno del progetto o collaboravano. Oggi non è più così, e non solo in Italia...
Forse sembrera' offensivo ma a volte, leggendo i racconti o le interviste di molti top-climbers, dentro di me mi son detto "forse avrebbero fatto meglio a spendere un po' piu' di tempo a leggere piuttosto che stringer prese ..." ... mah ...
Si certo, sono contento che mi dici bravo, però, come accennavo, non è che scrivere sia l'unico modo di comunicare, soprattutto oggi. Lo si può fare con le immagini, ad esempio (tipo film di Mariani su Pedrini, mica Marco ha avuto bisogno di dire qualcosa!), oppure raccontando oralmente. Proprio di Bubu ricordo una sua serata in cui si mise a raccontare la sua prima esperienza in Marmolada. Parlava impacciato (ma proprio lì era il bello) e raccontò di come gli cadde tutto il materiale dallo zaino, di come capì male gli ordini dell'amico Sterni e lasciò in parete i friend e tutto il materiale. Poco importava se inventasse o meno. Ebbene la gente, anche chi non arrampicava, pendeva dalle sue labbra. Perchè si immedesimava in quell'impaccio, non riuscendo tuttavia a capacitarsi come un fortissimo come lui potesse essere stato un tempo così imbranato... Dopo questa grande premessa (altra gag memorabile, Roberto ricorderà, fu quando a Lecco Bubu tentò un discorso per scusarsi pubblicamente se sbagliava a dare i gradi, secondo me quello era da raccogliere in un filmato, altro che dry-tooling!) la serata finì su filmati e flash di immagini impossibili condite da musica rock assordante. La platea rimase attonita, ma alla fine ti era rimasto solo quel discorso iniziale.
ciao
Maurizio