Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda MarcoS » gio lug 30, 2015 13:28 pm

Sbob ha scritto:Beh, e' bello tornare e trovare un articolo che trasforma tre anni di assedio, continue violazioni della zona demilitarizzata e uccisioni di fronte ai soldati ONU immobili in un massacro autoinflitto dai bosniaci.

A quando un bell'articolo sui malvagi ebrei che uccidevano i loro compagni dei villagi vacanze tedeschi del buon Adolfo che voleva solo tenere unita la Germania?



torna dov'eri.

e, visto che tiri fuori argomenti a caso (reductio ad hitlerum?)

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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda Sbob » gio lug 30, 2015 16:00 pm

MarcoS ha scritto:torna dov'eri.

e, visto che tiri fuori argomenti a caso (reductio ad hitlerum?)

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Dai, l'articolo che parla del povero Slobodino che voleva solo tenere unita la Jugoslavia e' ributtante.

Propone come grandi certezze cose che sono quanto meno un tantino dubbie:
"Fino ad oggi la più nota ‘false flag’ della guerra civile jugoslava era la tragica strage di civili al mercato di Sarajevo, quella che determinò l’intervento della NATO, che bombardò ripetutamente, per rappresaglia, le postazioni serbo-bosniache sulle colline della città. Venne poi appurato con assoluta certezza che fu lo stesso governo musulmano-bosniaco di Alija Izetbegović a uccidere decine di suoi cittadini in quel cannoneggiamento, per far ricadere poi la colpa sui Serbi."

Basta questo per far rientrare l'intero articolo nella categoria "bullshit".

Non sara' un caso che l'articolo viene dalla Russia amica di Slobo?
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda El Rojo » mer set 23, 2015 19:40 pm

Ma guarda..comincia ad arrivare qualche pentito.

L’ITALIA ha due buoni motivi per uscire dall’euro, un tema di cui si parla ormai in tutta Europa (Germania compresa). Il primo è che, sovrapponendosi alle debolezze strutturali della nostra economia, l’euro si è rivelato una camicia di forza idonea solo a comprimere i salari, peggiorare le condizioni di lavoro, tagliare la spesa per la protezione sociale, soffocare la ricerca, gli investimenti e l’innovazione tecnologica e, alla fine, rendere impossibile qualsiasi politica progressista.



Risultato: otto anni di recessione, che hanno provocato la perdita di quasi 300 miliardi di Pil al 2014 rispetto alle previsioni del 2007; 25% di produzione industriale in meno, un mercato del lavoro di cui è difficile dire quale sia l’aspetto peggiore fra tre milioni di disoccupati, tre-quattro di precari e due o tre di occupati in nero. Grazie ai quali l’Italia detiene il primato dell’economia sommersa tra i Paesi sviluppati, pari al 27% del Pil e circa 200 miliardi di redditi non dichiarati. I costi economici e sociali dell’euro superano i vantaggi.

Il secondo motivo per uscire dall’euro è l’eccessivo ammontare del debito pubblico, il che rende di fatto impossibile per l’Italia far fronte agli oneri previsti dal cosiddetto Fiscal compact e a una delle clausole fondamentali dell’Unione economica e monetaria. Il Fiscal compact prevede infatti che in vent’anni dal 2016 il rapporto debito/ Pil, che si aggira oggi sul 138%, dovrebbe scendere al 60, limite obbligatorio per far parte dell’eurozona. In tale periodo detto rapporto dovrebbe quindi scendere di 78 punti, cioè 3,9 l’anno. In termini assoluti si dovrebbe passare dal rapporto 2200/1580 miliardi di oggi a 948/1580 nel 2035 (da convertire nel rispettivo valore del ventesimo anno). Vi sono solo due modi di raggiungere tale risultato, e infinite combinazioni intermedie che però non lo cambiano: o il Pil cresce di oltre il 5% l’anno per un ventennio, o il debito pubblico scende di oltre 3 punti percentuali l’anno. Tenuto conto che le ipotesi più ottimistiche di crescita del Pil per i prossimi anni si collocano tra l’1 e il 2% l’anno, e che il servizio del debito — 95 miliardi nel 2015 — continuerà a ingoiare decine di miliardi l’anno, ambedue le ipotesi non sono concepibili. In altre parole è impossibile che l’Italia riesca a rispettare il Fiscal compact. L’Italia si ritrova così nella condizione degli Stati membri della Ue che attendono di entrare nell’eurozona perché debbono soddisfare alcune clausole previste dal trattato sull’Unione economica e monetaria. Come dire che l’Italia è tecnicamente già fuori dall’eurozona, poiché non è in condizione di soddisfare a una delle clausole chiave: un rapporto debito pubblico/Pil non superiore al 60%. Tale situazione dovrebbe essere invocata per recedere dall’eurozona.

Non sono necessari sfracelli per arrivare a tanto. Basta far ricorso all’articolo 50 del Trattatto sull’Unione europea, comprendente le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona il 1° gennaio 2009. Esso stabilisce che “ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione (paragrafo 1)”. Il paragrafo 2 precisa quali vie il procedimento di recesso deve seguire. Lo Stato che decide di recedere notifica l’intenzione al Consiglio europeo. L’Unione negozia e conclude un accordo sulle modalità del recesso. L’accordo è concluso dal Consiglio a nome dell’Unione.

Dalla lettura dell’art. 50 si possono trarre alcune considerazioni: a) la recessione avviene dopo un negoziato; b) il negoziato è condotto sotto l’autorità del Consiglio europeo, organo politico; c) è dato presumere che quando uno Stato notifica l’intenzione di recedere, determinate misure tecniche, tipo un blocco temporaneo all’esportazione di capitali dallo Stato recedente, siano già state predisposte in modo riservato.

Mentre l’art. 50 ha posto fine all’idea che la partecipazione all’Unione sia per sempre irrevocabile per vie legali, qualche dubbio sussiste sulla possibilità di recedere dalla Uem — la veste giuridica dell’euro — senza uscire dalla Ue, poiché l’articolo in questione menziona soltanto questa. Peraltro la letteratura giuridica ha ormai sciolto ogni dubbio: poiché il trattato sulla Uem è soltanto una parte della struttura giuridica della Ue — esistono Stati membri della Ue ma non dell’eurozona — è arduo negare il principio per cui uno Stato membro possa recedere dalla Uem ma non dalla Ue. Per cui il negoziato per l’uscita dall’euro dovrebbe aprirsi con la dichiarazione di voler restare nella Ue. I costi per la recessione dalla Ue sarebbero superiori ai costi di una sola uscita dall’eurozona. Uno Stato che uscisse oggi dall’Ue si troverebbe dinanzi ad altri 27 Stati, ciascuno dei quali potrebbe imporgli ogni sorta di restrizioni al commercio, oneri doganali, aumenti del prezzo di beni e servizi. L’impossibilità di accedere ai mercati Ue costringerebbe uno Stato ad affrontare costi di entità paurosa.

Resta da chiedersi dove stia il governo capace di condurre un negoziato per la recessione dell’Italia dall’eurozona in base all’art. 50 del Trattato sulla Ue. L’attuale, come quasi tutti i precedenti, è un esecutore dei dettati di Bruxelles, Francoforte, Berlino. Chiedergli di aprire un negoziato per uscire dall’euro non ha senso. Si può coltivare una speranza. Che si arrivi a nuove elezioni, dove ciò che significa recedere dall’euro in termini di ritorno della politica a temi quali la piena occupazione, la politica industriale, la difesa dello stato sociale, una società meno disuguale, sia al centro del programma elettorale di qualche emergente formazione politica. Prima di cedere alla disperazione, bisogna pur credere di poter fare qualcosa.

Luciano Gallino
Fonte: http://www.repubblica.it
22.09.2015
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda Callaghan » mer set 23, 2015 19:50 pm

a dire il vero, El Rojo, il signor Gallino è sempre stato assai critico non solo verso l'euro, ma verso tutta la struttura europea.
per questo non lo definirei pentito, ma, anzi, un pioniere.

se ho capito quel che volevi dire.

ciao
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda El Rojo » mer set 23, 2015 19:58 pm

Pioniere?

Domanda:
Ha senso, come alcuni fanno, auspicare il default o il ritorno alle monete nazionali?
Sarebbe una pura follia. In primo luogo il ritorno a diciassette monete diverse solleverebbe difficoltà tecniche assai complicate da superare, poiché l’integrazione economica, finanziaria e legislativa tra i rispettivi paesi ha fatto nel decennio e passa dell’euro molti passi avanti. Inoltre parecchi paesi avrebbero a che fare con tassi di scambio catastrofici. Tra di essi vi sarebbe sicuramente l’Italia. Il giorno dopo un eventuale ritorno alla lira ci ritroveremmo con il franco a 500 lire (era a 300 quando venne introdotto l’euro), il marco a 2.000 (era a 1.000) e la sterlina a oltre 3.000. A qualche imprenditore simili tassi possono far gola, poiché favoriscono le vendite all’estero; ma essendo quella italiana un’economia di trasformazione, che all’estero deve comprare tutto, dal gas ai rottami di ferro, il costo degli acquisti dall’estero le infliggerebbe un colpo insostenibile.


http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/g ... lino-10519
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda Callaghan » mer set 23, 2015 20:24 pm

El Rojo ha scritto:Pioniere?

Domanda:
Ha senso, come alcuni fanno, auspicare il default o il ritorno alle monete nazionali?
Sarebbe una pura follia. In primo luogo il ritorno a diciassette monete diverse solleverebbe difficoltà tecniche assai complicate da superare, poiché l’integrazione economica, finanziaria e legislativa tra i rispettivi paesi ha fatto nel decennio e passa dell’euro molti passi avanti. Inoltre parecchi paesi avrebbero a che fare con tassi di scambio catastrofici. Tra di essi vi sarebbe sicuramente l’Italia. Il giorno dopo un eventuale ritorno alla lira ci ritroveremmo con il franco a 500 lire (era a 300 quando venne introdotto l’euro), il marco a 2.000 (era a 1.000) e la sterlina a oltre 3.000. A qualche imprenditore simili tassi possono far gola, poiché favoriscono le vendite all’estero; ma essendo quella italiana un’economia di trasformazione, che all’estero deve comprare tutto, dal gas ai rottami di ferro, il costo degli acquisti dall’estero le infliggerebbe un colpo insostenibile.


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di gallino ho letto il colpo di stato di banche e governi, 2013, nel quale non ha certo risparmiato critiche verso la struttura tecnocratica europea. anzi; l'analisi che fa è lucidissima ed impietosa. ed un paio di anni fa di persone note e "rispettabili" come gallino che denunciassero in maniera feroce l'impianto europeo io non ne conoscevo.

ammetto però la non conoscenza del di lui pensiero prima del 2013, e quindi hai ragione, letta la cosa che mi proponi. ho usato in maniera impropria il termine pioniere, soprattutto se riferito all'uscita dalla moneta europea. chiedo scusa.

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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda scairanner » mar set 29, 2015 23:26 pm

A proposito di fatti nostri, mi chiedo a cosa servono le previsioni dei tassi di interesse, se poi la realtà si dimostra procedere esattamente all'opposto?

prendiamo l'euribor, con il quale chi ha un mutuo da pagare deve fare i conti ogni mese;
nel 2012 mi sono salvato la previsione riguardante gli anni successivi, per il 2013 avrebbe dovuto rimanere attorno all'1%, poi:
"Nel 2014 invece l'euribor 3 mesi dovrebbe salire a quota 1,30% a gennaio, e a 1,50% alla metà dell'anno per poi raggiungere il 2% alla fine del 2014. Salirà, sempre secondo i futures, al 2,5% a fine 2015 e al 3% a fine 2016."

Questi i dati reali per l'euribor a 3 mesi (che è il valore che interessa per determinare la rata mensile in caso di mutuo a tasso variabile):

maggio 2013: 0,20%
gennaio 2014: 0,28%
dicembre 2014: 0,08%
oggi: -0,04!

e se il valore è negativo, è ottimo per il mio mutuo a tasso variabile, ma credo che ci dica anche qualcosa sul reale andamento dell'economia, altro che ripresa!
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-Arrampicherò di certo. Spero di non scalare peggio di quanto non faccia ora...


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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda scairanner » dom ott 04, 2015 17:50 pm

Poche rime tanta sostanza

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
Trilusssa
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda coniglio » lun ott 12, 2015 16:54 pm

- idee chiare
- contatto con la realtà
- perfetta cognizione e consapevolezza delle urgenze di una nazione (#leriforme :lol: )

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/10/ ... to/424202/

e poi dicono che ai grillini
hanno fatto il lavaggio del cervello.
...neanche i berlusconiani...

buffoni del c***o.
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda PIEDENERO » mar ott 13, 2015 13:49 pm

La frase corre da tempo, almeno a far data da Tangentopoli. Quando la configurazione politica della cosiddetta Prima Repubblica crollò di schianto sotto il maglio delle inchieste giudiziarie, che provavano a mettere uno stop a un regime di corruzione evidente, sfrontato, indifendibile.

Venne dunque la stagione (ormai ultraventennale, non proprio un momento di passaggio...) della “discesa in campo della società civile”, che ci ha consegnato Berlusconi e Renzi, un'esplosione delle dimensioni della corruzione legata all'amministrazione pubblica ad ogni livello, la scomparsa di ogni “spirito pubblico” tanto nell'”elettorato” quanto nelle figure che vengono elette o più spesso nominate sulle poltrone dell'amministrazione, un degrado universale sia nella qualità che nel numero dei servizi. Le “facce nuove” che hanno fatto irruzione nelle cariche politico-amministrative neppure più nascondono un istinto predatorio esaltato dal mantra delle privatizzazioni, che – regalando di fatto all'imprenditoria privata pezzi consistenti del patrimonio costruito dall'intervento statale – favorisce la “trattativa privata” tra neo-amministratori inesperti e sapienti “compratori a basso prezzo”. Inutile ribadire che tutto il capitolo degli appalti pubblici ha seguito esattamente la stessa parabola, tra “emergenze”, commissariamenti, “semplificazioni procedurali”, ecc,

Cose risapute, ridette. È vero. Ma la fine patetica di Ignazio Marino sembra aver scoperchiato un punto molto debole del regime renziano. È stato fatto fuori, certamente, perché incapace di governare una grande città. È stato fatto fuori anche se aveva applicato in tutto e per tutto le direttive provenienti da Palazzo Chigi (ovvero da Bruxelles) sul “patto di stabilità”, il taglio della spesa e dei servizi, persino del salario dei dipendenti pubblici, sposato in pieno il clima di vandea contro i lavoratori (ad esempio quelli del Colosseo in “assemblea autorizzata” o contro i tranvieri).

Ma questa incapacità è anche il tratto comune di tutti gli amministratori locali e/o centrali selezionati nella stagione della “società civile”. Certo, nelle grandi città questa incapacità diventa più evidente.

Bene. Pare ora che in vista delle elezioni amministrative di primavera, che investono molte grandi amministrazioni comunali (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Salerno, Cagliari, Rimini, Caserta, Latina, ecc), ci sia un fuggi fuggi davanti alla possibilità di essere candidati alla poltrona di sindaco per il Pd. Strano, non è vero?

Di sicuro c'è della normale vigliaccheria. Un sindaco, di questi tempi, ha pochi o nulli strumenti per amministrare. Il “patto di stabilità” lo inchioda alla ricerca del pareggio di bilancio e/o alla riduzione del debito. Il taglio delle tasse sulla casa ne prosciugherà le entrate certe e li farà dipendere in tutto e per tutto dai trasferimenti decisi dal governo centrale. La loro autonomia operativa è insomma ridotta a zero, ma al tempo stesso la cittadinanza li individua – anche solo per motivi di prossimità, di “raggiungibilità” - come l'interlocutore che dovrebbe risolvere tutti i problemi sociali (dalle buche sulle strade ai servizi di trasporto, dall'istruzione al welfare in dismissione, alla sanità), senza a star lì a sottilizzare su cosa sia di competenza del Comune e cosa di altri livelli amministrativi (Regione, ministeri, ecc).

Parafulmini senza possibilità di scarico a terra, insomma. Una condizione di solitudine, tra il martello popolare e l'incudine governativa, che li espone al rischio di fare tutti la fine di Marino. Rimossi per decisione governativa (agendo sulla maggioranza in giunta) e “ricercati” dalla cittadinanza, anche se una piccola parte continua a sostenerli.

Comprensibile dunque che tutti facciano un passo indietro con un “no, grazie”.

Ma questa “solitudine” degli amministratori mette in luce un processo molto più generale relativo alla sfera della politica e alla selezione della classe politica stessa. L'irruzione della “società civile” ha coperto il parallelo svuotamento dei partiti politici “ideologici”, ovvero portatori di un pogetto complessivo di governo della società giunta a un determinato stadio di sviluppo. Liberali, comunisti, socialisti, democristiani – per dire solo gli schieramenti principali – rappresentavano contemporaneamente interessi sociali ben individuabili e programmi politici per realizzare quegli interessi. In altre parole, la prevalenza di uno o l'altro degli schieramenti, o della composizione dei governi di coalizione, poteva portare a cambiamenti politici, sociali, strutturali anche molto diversi tra loro. Sia al livello dell'amministrazione dello Stato che negli enti locali.

Era il campo privilegiato del riformismo. Che poteva essere anche un po' reazionario, conservatore o moderatamente progressista, ma era sempre riformismo dell'esistente. Gestione orientata progettualmente, insomma.


Tutto questo non è più possibile. La politica di bilancio – la distribuzione e impiego delle risorse nazionali – è dettata dall'Unione Europea. Ed anche le singole misure fiscali che determinano il raggiungimento degli obiettivi di bilancio sono sottoposte all'approvazione Ue. Il “patto di stabilità” è un filo a piombo che parte da Bruxelles e di dirama fino all'ultimo comune sperduto della penisola.

Non c'è insomma più scelta tra soluzioni diverse che rispondono a interessi sociali diversi. Al massimo, si può scegliere tra il consentire alcuni diritti civili oppure no (tengono banco in queste ore le “unioni civili”, con relativi diritti di adozione), che in fondo sono misure gratuite, “senza onere per lo Stato”. A differenza dei diritti sociali come istruzione, sanità, pensioni...

Ma se non c'è più scelta non c'è più politica come rappresentanza di interessi sociali specifici in relazione ad altri interessi sociali. Non c'è dunque necessità né spazio per la “composizione” tra i diversi interessi, ma solo imposizione dell'interesse dominante deciso “in alto”.

Servono sgherri, non politici. Commissari governativi, prefetti, plenipotenziari, non costruttori di consenso intorno a progetti differenti.

Lo stesso Renzi, di fatto, non ha alcun progetto politico proprio. Interpreta più efficacemente di altri un programma continentale: la distruzione del “modello sociale europeo”, di cui la Costituzione italiana era interprete quasi “estremista”, e la creazione di un ambiente favorevole alle irruzioni temporanee del capitale multinazionale. Senza resistenze sindacali e/o popolari.

Il suo cosiddetto partito, il Pd, non assomiglia più in nulla a un partito politico. È un grande comitato elettorale in cui viene selezionata la corte che ha accesso alla presenza del Capo. Non viene richiesta alcuna professionalità politica pregressa, nessuna formazione o esperienza amministrativa. Solo disponibilità a mentire in pubblico e obbedire agli ordini.

Sembra un dispositivo di potere fenomenale, ma è debolissimo, come dimostra la vicenda dei sindaci (vi ricordate, c'era addirittura un “movimento dei sindaci”, molto tempo fa – tre o quattro anni...).

Ovvio che la “spallata” non arriverà mai dall'interno, neanche se si dovesse affermare l'unico comitato elettorale per ora estraneo a questa logica, ovvero i “grillini”.

Ci vuole un movimento popolare vero, rabbioso e informato. A partire dall'informazione fondamentale: il cuore del potere oggi sta nell'Unione Europea. Se non si rompe questa, non ci può esser alcun cambiamento reale. Basta chiedere ai greci...

Non c'è alcun vuoto di potere, anzi... C'è un vuoto di rappresentanza e di classe politica all'altezza. In questo vuoto, di solito, germogliano le dittature.




http://contropiano.org/politica/item/33 ... a-politica
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Messaggioda Sbob » mar ott 13, 2015 14:48 pm

Sui poteri nulli di un amministratore non saprei. Forse Marino l'hanno fatto fuori proprio perche' quei suoi poteri li ha usati.

Dalle forniture confrontate coi prezzi di mercato alle unioni gay a Roma, al costituirsi parte civile in Mafia Capitale, si e' fatto un bel po' di nemici.

La polemica sugli scontrini ha del ridicolo se si pensa ad un primo ministro che va a vedersi le partite con i voli di stato, mentre lui viaggiava in treno in seconda classe.
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda El Rojo » mar ott 13, 2015 17:32 pm

"Il problema per il Pci, a questo punto, è non essere additato come “nemico” dell’Europa: Ugo La Malfa, per dire, sosteneva che non aderire allo Sme significava abbandonare l’occidente e la Nato. “Campagna terroristica”, la definisce seccamente Napolitano in quella riunione. La pietra tombale sulla questione, di fronte alle preoccupazioni “europeiste” di alcuni come Paolo Bufalini, la mette con la consueta icasticità l’economista Luciano Barca, padre dell’ex ministro Fabrizio: “Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia”. La linea, ovviamente, la detta invece Berlinguer: “Noi dobbiamo entrare nel merito delle questioni monetarie ed economiche, poi fare una polemica di demistificazione della retorica europeista”. Il “terrorismo” di Napolitano, insomma. Sarà proprio lui, com’è noto, a intervenire alla Camera, spiegando il no del Pci con un lucidissimo discorso sugli squilibri regionali che l’irrigidimento del cambio rischia di accentuare (e il dato è sotto gli occhi di tutti, compreso il “rigore a senso unico”): “Si è finito per mettere il ‘carro’ dell’accordo monetario davanti ai ‘buoi’ di un accordo per le economie”, anche per “le sollecitazioni pervenuteci dai governi amici”, scandì Napolitano. Il pericolo che questo costituiva per la sinistra italiana gli era chiaro: se qualcuno volesse “far leva sulle gravi difficoltà che possono derivare dalla disciplina del nuovo meccanismo di cambio per porre la sinistra e il movimento operaio dinanzi alla proposta di una politica di deflazione e di rigore a senso unico, diciamo subito che si tratta di un calcolo irresponsabile e velleitario, non meno di quelli che hanno spinto pezzi della Dc a premere per l’ingresso immediato nello Sme in funzione di meschine manovre anticomuniste, destinate a sgonfiarsi rapidamente”. Poi, in realtà, s’è sgonfiato prima il Pci."

https://ilcontagio.wordpress.com/2014/0 ... eta-unica/
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda PIEDENERO » mer ott 21, 2015 16:42 pm

Prendetevi 10 minuti ne vale la pena.
E poi confrontatelo con la realtà che ci viene propagandata quotidianamente.
Chi scrive mi sta abbastanza sui maroni ma quest'analisi è spietata e inquietante quanto purtroppo VERA ( spero di no )



Sembrava la ripresa americana. I media ne parlavano, ce la additavano ad esempio; ecco, l’economia Usa è stata la prima a riprendersi, perché è flessibile, a dominare è il mercato senza lacci sociali, e credito a iosa…

Belle notizie. I pignoramenti di immobili sono aumentati del 66% anno su anno, nell’ultimo trimestre. Le banche si riprendono case su cui avevano concesso i mutui, che gli abitanti di queste case non possono pagare. Adesso le banche le metteranno sul mercato. A prezzi stracciati. Ciò trascinerà in basso i prezzi dell’immobiliare, tanto più che quelle pignorate sono abitazioni “a cui è mancata da tempo la manutenzione”, dice Daren Blomquist, vice-presidente di un osservatorio del settore, RealtyTrac.

http://www.cnbc.com/2015/10/14/reposses ... ngers.html

La ricchezza posseduta da una tipica famiglia Usa di classe media (in mobili, immobili e salari) era di 87.992 dollari nel 2003. Oggi, è di 56.335.

http://web.stanford.edu/group/scspi/_me ... levels.pdf

Nella fascia mediana (ossia classe media) il reddito di una famiglia è oggi diminuito del 7% rispetto a quello che godeva nel 2000. 56 milioni di americani vivono in condizioni di “insicurezza alimentare”, o non mangiano tutti i giorni o ricorrono a banche del cibo caritative per sfamare sé e i figli; ma anche queste banche, dopo tanti anni di depressione, sono sempre meno fornite. Oltre 10 milioni di uomini in età da lavoro (25-55 anni) semplicemente non lavorano; uno ogni sei maschi. Il 26% dei bambini americani vivono sotto il livello di povertà.



606

Il 25% delle famiglie dei militari in servizio ha bisogno di aiuto sociale per mangiare: sono 620 mila famiglie, il cui padre (o madre) in mimetica, dispiegato in Corea o in Irak, non guadagna abbastanza per sfamarle e pagare le bollette nello stesso tempo.

http://www.usatoday.com/story/news/nati ... 2zowprtged

Il Baltic Dry Index, ossia il costo del nolo di navi da carico che portano merci “secche”, è ad un calo record – e cala del 2009, sostanzialmente senza interruzione E’ la misura più concreta dell’economia reale, degli scambi di merci, alimentari e no, fra paesi. Adesso sono al minimo. Questo calo può anche significare che il credito è scarso e difficile da ottenere; infatti occorre credito per il nolo di navi mercantili.

Ma com’è possibile, visto che farsi prestare denaro costa quasi nulla, grazie alla Fed (la banca centrale) che stampa e stampa e tiene i tassi a sostanzialmente a zero da anni, praticamente dalla crisi di Lehman del 2008?

Ma no, ma no, non è possibile. Infatti le 25 maggiori banche americane riferiscono che, loro, prestano a rotta di collo, danno credito a grandi imprese; imprese ben contente di indebitarsi a tassi bassissimi…per farne cosa?

Si scopre che le grandi imprese usano quel denaro preso a prestito – attenzione! – per comprare le loro stesse azioni, ritirarle dalla Borsa, facendone così aumentare artificialmente il “valore”, dato che le rendono più rare: è la famosa legge della domanda e dell’offerta, diventata folle. Oppure per “fusioni ed acquisizioni”, ossia per mangiarsi altre imprese concorrenti, nella tipica attività cannibalica del capitalismo lasciato senza redini. Ci sono persino aziende, ha notato il Financial Times, che prendono il denaro in prestito (visto che è così conveniente) per pagare dividendi ai grossi azionisti.10 Million Men In Prime Working Years Are Simply Not Working.preview













Ovviamente questi non sono “investimenti”. Sono operazioni sterili per l’economia reale, i posti di lavoro, i salari produttivi. I prestiti per comprare proprie azioni non portano alcuna crescita nell’economia reale, e nemmeno le fusioni-acquisizioni. Già comprare azioni proprie con i propri capitali è un fallimento dello spirito capitalistico (vuol dire che l’imprenditore non sa in cosa investire, non ha idee); è un fatto del tutto patologico, che porta ad un fittizio aumento delle borse, di valori azionari di imprese che stanno in rovina. Farlo poi con denaro a prestito, è una doppia patologia.

“Gli ultimi dati mostrano che le prime 500 imprese quotate (S&P500) hanno aumentato i loro dividendi ed acquisti di azioni proprie del 6,6%, una cifra-record di 923 miliardi di dollari a giugno, mentre i loro profitti calavano dell’8,4%, ossia di 841 miliardi di dollari, nello stesso periodo”. (così Chris Wood, dirigente della CLSA, grossa impresa di brokeraggio sui mercati asiatici).

Vediamo se abbiamo capito bene: queste grandi aziende si pagano dividendi con denari presi a prestito, mentre i loro profitti diminuiscono. Non fanno crescere l’economia, e si spartiscono il bottino del denaro a basso costo fornito dalla banca centrale. Potranno mai ripagare il debito?

Dell’aumento del credito che le 25 maggiori banche Usa hanno indicato trionfalmente, quanto ne va’ in “investimenti capitali”, ossia per finanziare attività in qualche modo produttive, che so, acquisto di impianti, materie prime da lavorare, , nolo di navi per import o export? Tenetevi forte: il 6 per cento. Il 94% dei prestiti che le grandi imprese hanno chiesto ed ottenuto, va’ in attività sterili che danno un guadagno indebito ai grandi azionisti, fingendo che “il mercato azionario” salga, e di fatto, divorando il proprio stesso futuro.

“Dal punto di vista aziendale, l’indebitamento a tassi zero incoraggia l’ingegneria finanziaria a danno dell’investimento capitale, e nello stesso tempo consente ad imprese non competitive di sopravvivere più a lungo”, dice Wood. Fra l’altro, con un altro trucco notevole: le aziende dissestate si finanziano emettendo obbligazioni; siccome sono malmesse, queste obbligazioni danno un interesse maggiore di quello che gli investitori finanziari trovano sul mercato. Siccome questi investitori (per esempio gli assicuratori, i fondi pensione) sono “affamati di rendimenti” – e sono stati affamati precisamente dai tassi zero della Fed – si buttano ad incettare quelle obbligazioni maleodoranti, in un certo senso non possono fare altrimenti, perché i fondi previdenziali ad esempio hanno bisogno di erogare pensioni attraverso un costante flusso di interessi, diciamo, al 4-5% (introvabile sul mercato attuale dei tassi zero). Quindi dilapidano il capitale, affidandolo ad aziende che un giorno falliranno, per lucrare momentanei e filiformi interessi.



E così ecco spiegato il paradosso: crescono i prestiti concessi in Usa, mentre sempre meno gente ha un lavoro, aumentano quelli che faticano a trovar da mangiare, calano i consumi al dettaglio (perché calano le paghe), aumentano i magazzini di invenduto, cala l’import-export (a livello mondiale: l’India denuncia un calo del 25% di entrambi), e la spesa che cresce è quella per farmaci anti-depressione e persino di anti-psicotici (usati per sedare gravi malattie psichiche).

E si spiega perché la povera governatrice della Fed, Yanet Ellen, abituata alla tranquilla esistenza di professoressa universitaria, soffre di malori e annuncia un giorno che aumenterà i tassi, un giorno che no: non sa cosa fare, semplicemente. Lei e gli altri banchieri centrali sono in un vicolo cieco. Aver tenuto i tassi a zero per tanto tempo, col proposito di stimolare l’economia, non ha vinto il clima di deflazione-depressione (che è mondiale), come dimostrano i cali del petrolio e delle altre materie prime; d’altra parte, lo “stimolo” dei prestiti a asso zero ha gonfiato una immane bolla finanziaria che non sanno come sgonfiare, se non in modo traumatico.

L’elegante madame Lagarde del FMI ha detto alla piccola Yellen di essere prudente: anche “Un moderato aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed potrebbe portare al ritiro di capitali dai mercati emergenti”, perché i capitali rifluirebbero in Usa dissanguando paesi indebitatissimi come il Brasile, o in difficoltà come Cina e Russia, e “ciò si tradurrebbe in una recessione globale”. Meglio, aggraverebbe tragicamente la depressione che già è instaurata. “Siamo nel più grave calo da decenni”, ha spiegato i presidente della multinazionale degli impianti petroliferi Schlumberger annunciando una discesa del 6% dei profitti nel trimestre. D’altra parte questa “terza bolla finanziaria de secolo è immensa”, dice David Stockman, che fu il ministro del bilancio sotto Ronald Reagan, e fa’ il confronto con la bolla che scoppiò dopo il crack della Lehman: allora i ercati globali finanziari salirono fino a 60 trilioni di dollari – per poi crollare, dopo la Lehman, a 25 trilioni, innescando la crisi recessiva da cui gli sforzi della Fed e delle altre banche centrali non sono pervenuti a farci uscire. Adesso la bolla globale è di almeno 80 trilioni, tutti creati dalla “sventatezza pura dei banchieri centrali”. Che ora si trovano paralizzati, in attesa della “madre di tutti i collassi che è dietro l’angolo”.

Se Stockman ha ragione la povera Yellen è nella condizione di un camionista il cui autoarticolato sta filando dritto contro un muro a 100 all’ora, e che non può toccare né freno, né acceleratore né il volante.

Ecco perché la minuscola professoressa ha dei malori. “I banchieri centrali sono terrorizzati”, commenta Gerald Celente, un famoso specialista di previsioni finanziarie.. E conclude: “indipendentemente dalla politica della Fed, manteniamo le nostre previsioni di una importante crisi dei mercati azionari a fine anno e delle pressioni recessioniste su scala mondiale”.

http://kingworldnews.com/gerald-celente ... terrified/

Se ha ragione, dopo sette anni di recessione post-Lehnam, quest’inverno piomberà su di noi una super-Lehman,che colpirà un’economia reale già dissanguata dalla depressione in corso. On so immaginare come si presenterà: altri milioni di disoccupati, gente alla fame che assalta i supermercati? Sparizione dei generi di prima necessità? Conti correnti svuotati dal crack bancario universale? Banconote che i produttori agricoli (di cibo) non accettano più, come prevedono i più apocalittici? A me non resta che consigliare di fare una piccola scorta di generi di necessità, magari simile a quella consigliata dalle autorità svizzere in vista di una guerra o grave crisi. Se potete, superate la quantità di scatolame, sale, sigarette, cose che potrete scambiare quando i supermercati fossero vuoti, contro altri generi.

Frattanto possiamo dedicarci al pensiero, e considerare filosoficamente che questa sciagura che ci pende sul capo è tutta e so dovuta al capitalismo finanziario, più precisamente alla dittatura che la finanza ha fatto pesare sulla politica: da cui ha strappato l’abolizione della Glass-Steagall e delle altre leggi che vietavano alle banche commerciali di usare i soldi dei risparmiatori per speculare in creatività finanziaria; il “divorzio” tra banche centrali e Tesoro, che prima sottraeva all’avidità della finanza il debito pubblico e i suoi grassi interessi; la deregolazione con neutralizzazione delle norme anti-trust per cui certe banche si sono consentite di diventare “troppo grosse per fallire”, sicché la loro bancarotta fa’ crollare l’intero sistema mondiale liberista; e la globalizzazione, ossia la creazione di un unico mercato globale senza dazi e senza ostacoli alla fuga di capitali in cerca di rendimenti – il che vuol dire senza pareti anti-fuoco quando scoppia l’incendio; la globalizzazione voluta dalle multinazionali per “la miglior allocazione dei capitali”, in pratica la ricerca di salari più bassi (minima retribuzione del lavoro, massima al capitale), che alla lunga ha provocato, con la riduzione salariale dei paesi ex-sviluppati, il restringersi di questi “mercati”: un altro esempio di come il capitalismo abbia finito per segare il ramo su cui siede. E’ inoltre la globalizzazione che ha provocato crescite mostruosamente rapide di paesi come la Cina, e l’immane bolla che si è gonfiata laggiù; e adesso il contagio mondiale, la trasmissione della crisi che si produce in un qualunque paese a tutti gli altri. Ovviamente, la dittatura possiede anche le banche centrali, e le menti dei banchieri centrali, conquistati alla sua ideologia. Sicché impone stampa, tassi zero, salvataggi di banche private con miliardi dei contribuenti, e (in Europa) austerità e inflazione zero nell’interesse dei creditori. Lanciando il Sistema contro il muro, e rendendo impossibile frenare…

Abbiamo visto alcuni esempi di capitalismo che si morde la coda; che letteralmente si morde a coda per papparsela, ossia per estrarne gli ultimi indebiti profitti. Stranamente, a riprova del potere dell’ideologia sulle menti, gli scandali di questa dittatura non scuotono la credenza – negli economisti del Principe, nei giornalisti economici o politici, nei lettori – della “moralità intrinseca” del mercato. Il mercato sarebbe “oggettivo”: duramente, spietatamente, obbligherebbe gli attori economici a cercare l’equilibrio tra domanda e offerta, il livello a cui abbassandosi il salario diventa competitivo ossia “giusto” (niente pasti gratis), e nei detentori di capitale, ecciterebbe gli “spiriti animali”; la creatività, l’audacia, l’amore per il rischio. Quindi: meno Stato più mercato, anzi nessun controllo pubblico, le regolamentazioni spariscano, non fanno che ostacolare i condottieri audaci del Mercato.

Ebbene: spero non vi sia sfuggito il caso di Martin Shkreli, un classico genietto delle biotecnologie lanciatosi nell’imprenditoria. La sua audacia e inventiva consiste in questo: la sua ditta, Turning Pharmaceutical, ha comprato i diritti di un farmaco chiamato Daraprim, prodotto e inventato oltre 60 anni fa dalla Glaxo SK, un antiparassitario molto importante per controllare la toxoplasmosi nei malati di Aids, e di certi cancerosi dal sistema immunitario indebolito. T utto ciò che ha fatto Shkreli è, una volta messe le mani sui diritti, aumentare il prezzo del Daraprim da 13,50 dollari a pillola, a 750. A pillola. Un rincaro del 5 mila per cento.

Di fronte alle proteste e indignazioni generali, poi, il giovine capitalista ha promesso di ridurre l’aumento del prezzo. Ma che volete? Il giovine ha dato valore agli azionisti. E il prezzo esoso è in fondo quello consentito dal “mercato”: come ha spiegato Economist, il Daraprim vende bassi volumi, sicché non c’è da temere che un’altra farmaceutica esca fuori con un farmaco simile a prezzi inferiori; il costo della ricerca-sviluppo sarebbe proibitivo. Questa è diventata una pratica tipica nel settore: una certa Horizon per esempio ha comprarto da Astza Zeneca i diritti di Vimovo (un antidolorifico) e ne ha moltiplicato il prezzo per 7. I medicinali sono rincarati dal 2008, secondo Economist, del 127%, contro l’11 per cento dei prezzi al consumo.

Per la Turing Pharmaceuticals, rischio imprenditoriale, nessuno. Ricerca, zero. Invece l’astuto acquisto di una rendita di posizione, di un monopolio, sfruttato fino al dissanguamento dei consumatori – in questo caso, malati gravi e loro assicurazioni sanitarie.

Altro che effcienza, snellezza e riduzione dei prezzi a causa della concorrenza “spietata” fra capitalisti. Quella che il capitale cerca, per sè, quando può, è la rendita di una posizione monopolista (come già sapeva Marx). La stessa rendita perseguita da John D. Rockefekller quando la sua Standard Oil, a forza di acquisizioni, fusioni e sporchi trucchi, divenne la pià grossa petrolifera americana e “faceva” i prezzi. Ma allora c’era ancora uno stato: il Dipartimento della Giustizia, confermato poi dalla Corte Suprema, obbligò i Rockefeller a smembrare la colossale holding in 34 compagnie minori, i cui omi ancora ricordiamo: Mobil, Esso, Conoco, Amoco, Chevron…con management rigorosamente distinto. Lo smembramento giovò agli stessi Rockefeller, che divennero ancor più ricchi dato che le azini delle compagnie,complessivamente, superarono in valore quelle della Standard. Oggi, contro gli speculatori come Shkreli, lo stato americano non ha una sola arma. Hillary Clinton ha promesso che, se la eleggono alla Casa Bianca, farà importare più farmaci generici.

Se oggi ci fosse ancora uno Stato, avrebbe smembrato gli oligopoli bancari, non ci sarebbero state banche “troppo grandi per fallire”, ci sarebbero stati risparmiati il crollo di Lehman, la recessione-depressione che dura da allora, e le banche centrali dominate dai banchieri non filerebbero a velocità pazzesca contro il muro, senza poter frenare.


Quanto sopra ho raccontato, non deve suonare una critica speciale agli Stati Uniti. E’ solo che lì la patologia è più aperta, più esposta e chiaramente dispiegata, dunque è narrabile. Come dice in una recente intervista il generale Fabio Mini, bisogna sperare che i delitti del nostro tempo siano commessi dagli americani, perché alla fine riusciamo a capirci qualcosa. In Italia, la povertà è salita del 130 per cento negli ultimi cinque anni, 7,8 milioni sono in povertà relativa, oltre 4 milioni vivono in povertà assoluta. L’Europa ha più miliardari dell’America, più dell’Asia. E il numero dei miliardari in Occidente è cresciuto, in 25 anni, del 665%.

Quanto all’Italia, da noi le peggiori nefandezze sono coperte e sepolte nell’omertà delle bande bancarie e politiche, verniciate di similoro dai media servili; i farabutti ci vengono additati alla venerazione. Gravissime omissioni di vigilanza bancaria, speculazioni dementi coi derivati che hanno fatto perdere miliardi di denaro dei contribuenti, possono essere premiate, se va bene, con la presidenza della repubblica e il governatorato della Banca centrale europea; se va’ male, con una presidenza Rai, un senatorato a vita, la fama di Venerato Maestro.

L’articolo Il capitalismo si morde la coda. Anzi, se la divora con appetito è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.


http://www.rischiocalcolato.it/2015/10/ ... etito.html
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda MarcoS » lun ott 26, 2015 13:34 pm

Elezioni in Portogallo. Non mi pare che i media nostrani ne abbiano parlato un granché, eppure quello che è successo poi è abbastanza indicativo. di come devono funzionare le cose...

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=124515&typeb=0&vietato-inviare-falsi-segnali-alla-troika-e-agli-usa

qua la traduzione da un articolo sul Telegraph.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15749

il fatto:
Anibal Cavaco Silva, Presidente costituzionale del Portogallo, si è rifiutato di nominare un ‘governo di coalizione’ di sinistra, anche se questa aveva la maggioranza assoluta nel parlamento portoghese, dopo aver vinto le elezioni con una campagna elettorale basata sulla distruzione del regime di austerità lasciato in eredità dalla ‘troika’ Ue-Fmi.
Egli ha ritenuto troppo rischioso lasciare che il ‘Blocco di Sinistra’ e i comunisti si avvicinino al potere, sostenendo che i ‘conservatori’ debbano continuare a governare, anche se in minoranza, per soddisfare Bruxelles e placare i mercati finanziari esteri.
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda coniglio » lun ott 26, 2015 13:39 pm

c***o.
da pelle d'oca.
sta roba fa sempre più paura.

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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda PIEDENERO » lun ott 26, 2015 13:51 pm

ma il parlamento portoghese non ha dato la fiducia :smt098
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda Sbob » lun ott 26, 2015 20:46 pm

Per quanto ho capito del sistema portoghese, non ne ha bisogno (ma possono chiedere la sfiducia).
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda MarcoS » mer ott 28, 2015 15:58 pm

di bene in meglio...

Non è bastato l’appello del creatore del World Wide Web, Sir Tim Berners-Lee, che invitava gli eurodeputati, oggi a Strasburgo, a cambiare quel testo maledetto. Del resto, la Commissione Europea e il Consiglio dell’Unione Europea l’hanno studiata bene, consapevoli che i MEP (gergo tecnico per riferirsi ai parlamentari europei) se la sarebbero bevuta, ognuno perso nelle cose sue. Avevano formulato un pacchetto contenente uno specchietto per le allodole, cioè l’abolizione dei costi di roaming negli spostamenti tra i vari stati membri europei, per poi infilarci la polpetta avvelenata, che in questo caso si chiama: fine della Net Neutrality.

http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=16347
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda PIEDENERO » mer ott 28, 2015 21:07 pm

#l'italiacicrede
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Re: Politica,Europa,etc:ciò che sarebbe i fatti nostri

Messaggioda MarcoS » gio ott 29, 2015 15:17 pm

oh, yeah, tanto ci crede l'italia che, riguardo a quanto più sopra sulla net neutrality, sembra che se avremo un web a più velocità ( e indovina cosa sarà a bassa velocità?) sia da ringraziare proprio il nostro beneamato governo, che in generale durante la presidenza di turno non ha combinato, a quanto ne so, una beneamata minchia, tranne questo :roll:

Per vari motivi ho sempre guardato con un po' di diffidenza quelli che definiscono l'EU come EURSS. Visti gli ultimi sviluppi però comincio a pensare che qualche ragione possono anche averla...

http://scenarieconomici.it/liberta-di-informazione-su-internet-leuropa-si-avvicina-piu-alla-cina-che-agli-usa/

La norma che è stata approvata secondo il Guardian è responsabilità del Governo italiano che nel novembre 2014, quando svolgeva la presidenza di turno, avrebbe cancellato le definizioni di “net neutrality” e “servizi specialistici” dal pacchetto Open Internet e, nonostante la perplessità del commissario alla innovazione digitale, avrebbe proposto di concedere ai service provider la possibilità di offrire siti a velocità diverse, con ciò autorizzando la creazione di corsie privilegiate per i loro contenuti o per quelli delle aziende a loro collegate.
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