Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

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Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda PIEDENERO » sab giu 10, 2017 21:13 pm

il titolo non è molto azzeccato.
articolo per nostalgici ma non solo.
interessanti anche i commenti.

https://comedonchisciotte.org/comera-be ... liberisti/


Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

DI ALESSANDRO MONTANARI



Qualche giorno fa, illustrando il 25esimo rapporto sui cambiamenti economici e sociali, l’Istat ci ha spiegato con la forza fredda dei grandi numeri, che l’Italia è un Paese in declino, nel quale le diseguaglianze aumentano invece che ridursi. La classe media è risucchiata nel proletariato, il proletariato si accapiglia col sotto-proletariato per un po’ di lavoro o un po’ di welfare mentre una piccola schiera di privilegiati scivola dietro la curva e scompare dall’orizzonte.

Di fronte a questo scenario, di solito, i sociologi dicono che l’ascensore sociale si è rotto. Ma non è così. L’ascensore sociale non si è rotto; è stato manomesso da una selvaggia impostazione economica che regge la globalizzazione e che va sotto il nome di neo-liberismo.

Per spiegarmi voglio essere del tutto anti-scientifico. Non ricorrerò alle medie di Trilussa che soccorrono gli economisti quando vogliono dirci che tutto va bene anche quando sembra che tutto vada male. No. Per convincervi che tutto andava bene quando sembrava che tutto andasse male, io ricorrerò ai miei ricordi di gioventù. Niente di più soggettivo, niente di più vero.

Erano gli anni 80, i jeans si portavano ancora sopra il livello delle mutande, nessuno si sarebbe mai arrischiato a mangiare pesce crudo in un ristorante cinese e Mani Pulite non ci aveva ancora privato di una classe politica paurosamente incline alle tangenti ma anche fieramente impermeabile al capitalismo liberista. Dai grandi sentivo dire che avevamo un sacco di guai, che oggi scopro essere gli stessi di sempre; anzi, gli stessi di tutti i Paesi. In quell’Italia però l’ascensore sociale funzionava. Coi suoi tempi, scalino dopo scalino, ma funzionava.

La prima cosa che ricordo è che in classe l’appello contava una trentina di nomi. Le famiglie erano più numerose di oggi e a scuola ci mischiavamo tutti: i figli dei ricchi coi figli dei poveri coi figli della classe media. Al di là di qualche accessorio più scintillante, tuttavia, lo stile di vita non era poi così differente. Con diecimila lire trascorrevamo, tutti insieme, la serata in pizzeria.

Non ricordo problemi di disoccupazione. Chi non aveva voglia di studiare, se ne andava a fare il muratore, l’operaio o l’artigiano e a 18 anni riuscivi pure ad invidiarlo perché si era già potuto comprare una macchina burina che piaceva alle ragazze burine. Ma allora nessuno sembrava burino, forse perché lo eravamo tutti.

Una cosa che proprio non esisteva era Equitalia. Fatta eccezione per l’acquisto della casa e dell’automobile, non ci si indebitava per i beni voluttuari. Nessuno faceva un finanziamento per andare in vacanza, comprare un motorino e tantomeno un televisore da 42 pollici. Nemmeno te lo proponevano. Le cose, molto semplicemente, si compravano quando si avevano i soldi per comprarle. Altrimenti, si aspettava.

In famiglia, ma più in generale nella società, c’era una cultura condivisa del risparmio. Il denaro non era il presente, il denaro era il futuro. Lo insegnavano i nonni, dotandoci di salvadanai nei quali accumulare gli spiccioli delle mance e regalandoci buoni postali che avremmo riscosso una volta maggiorenni, toccando con mano, e con anni di ritardo, tutta la concreta lungimiranza del loro affetto.

Insieme al risparmio, l’altro grande valore era lo studio. Ricordo padri e madri fieri di poter mandare i propri figli, miei compagni, al liceo anziché alla scuola professionale e poi commossi fino alle lacrime per il primo laureato della casa. Nessuno allora parlava in modo sprezzante del “pezzo di carta”. La laurea era la garanzia di una promozione sociale che nessuno avrebbe più retrocesso e che diventava una conquista collettiva dell’intera famiglia. Non solo dello studente; anche di chi, con sacrificio, gli aveva consentito di studiare.

L’istruzione, tuttavia, non era l’unico trampolino sociale. Tanti operai, dopo qualche anno di apprendistato e specializzazione, riuscivano a coronare il sogno di “mettersi in proprio”. Si diceva così e lo si diceva con orgoglio perché aprire una partita iva, allora, era ancora una libera scelta. Andavi in banca, spiegavi il tuo progetto, ti davano un prestito e cominciava l’avventura che segnava la vita: da operaio a padrone. Quelli però erano padroni diversi dai grandi industriali di ieri e dai piccoli manager di oggi. Quelli erano padroni che, dentro, continuavano a sentirsi operai. Padroni che usavano le mani, che parlavano in dialetto e che conservavano un’intima diffidenza per i saputelli anglofili che poi avrebbero rovinato tutto.

Com’era bella quell’Italia. Provinciale, ombelicale, modesta, furbacchiona, eppure così solida, generosa e vitale.

Scrivere è terapeutico. Così mi accorgo solo ora del motivo profondo per cui ho scritto questo articolo senza capo né coda. L’ho scritto perché non riesco a perdonare chi mi ha portato via quel Paese. Non perdono chi ci ha abituato a fare debiti per tv ultrapiatte, chi ci ha venduto come modernità i co.co.co, i co.co.pro e i voucher e chi ha inchiodato i giovani ad un telefonino per distrarli da un oggi senza domani.

Più di tutto, però, io non riesco a perdonare chi non ha soccorso quei piccoli eroi dalle mani callose che, piuttosto di abbassare la saracinesca di una fabbrica, hanno scelto di abbassare la saracinesca di una vita. Padroni perché padroni di loro stessi. Operai perché operosi.

A. Montanari

Link: http://www.interessenazionale.net/blog/ ... -liberisti
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda otttoz » dom giu 11, 2017 14:03 pm

=D>
giuste considerazioni!
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda Kinobi » dom giu 11, 2017 21:09 pm

Dipende.
Quel Montanari quando diceva del bene dell'iTaglia, si dimenticava del debito pubblico che esplodeva.
Sta osanannando la sodomia col culo degli altri.
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda bustomail » dom giu 11, 2017 22:21 pm

In economia niente resta stabile nel tempo, tutto si evolve e cambia. L'unica cosa che si può fare è aumentare o diminuire la velocità di questi cambiamenti ma non ci si può fermare.
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda VECCHIO » lun giu 12, 2017 9:16 am

E' per me impressionante vedere come da un po' di tempo la gente cominci a vedere i disastri della politica di sinistra e sposti i voti verso destra.
In molti stati sta avvenendo un rafforzamento del centro e un ringiovanimento della classe politica eliminando quella che nel passato si è arricchita.
In alcuni stati la classe politica si sta "irrigidendo", ma penso che il nuovo vento sia positivo per tutti.
Forse gli effetti delle dittature, causa e risultato della seconda guerra mondiale, dopo tre generazioni si vanno affievolendo, anche se il consociativismo clientelare sembra dominare e schiacciare tutto.
Spero che il livello di ignoranza, diffuso e sfruttato abilmente dai politici, si alzi con vivacità.
Ma tanti stereotipi dovranno essere superati e molte strutture parassitarie, non sociali, quelle di garanzia e studio e servizio dei garanti, eliminate.

Ricordo che l'Istat inviava in azienda i dati economici riferiti a 12 mesi prima (vecchi di un anno!) non quelli dei mesi appena passati e multava se non si inviavano i propri: ridicolo, il giorno dopo le pulizie se li trovavano nel cestino!
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda giorgiolx » lun giu 12, 2017 10:23 am

PIEDENERO ha scritto:La prima cosa che ricordo è che in classe l’appello contava una trentina di nomi. Le famiglie erano più numerose di oggi e a scuola ci mischiavamo tutti:

medie ed elementari eravamo in 16 in classe, non mi pare di ricordare negli anni 80 amici con piu' di un fratello o al massimissimo 2...figli unici erano tanti...insomma acome adesso,

PIEDENERO ha scritto:Non ricordo problemi di disoccupazione. Chi non aveva voglia di studiare, se ne andava a fare il muratore, l’operaio o l’artigiano e a 18 anni riuscivi pure ad invidiarlo perché si era già potuto comprare una macchina burina che piaceva alle ragazze burine. Ma allora nessuno sembrava burino, forse perché lo eravamo tutti.

beh no dai...da quando sono piccolo due notizie sono fisse sui giornali/tv/radio e adesso internet...la questione israeliano-palestinese e la disoccupazione...magari al nord era meglio...ma al sud non credo proprio

PIEDENERO ha scritto:Insieme al risparmio, l’altro grande valore era lo studio.

non in veneto...della mia classe delle medie su 16 alle superiori ci siamo andati forse in 8...gli altri tutti in fabbrica a 14 anni, dopo 3 paghe il cinquantino, a 16 il 125 a 18 la R4 turbo o la golf GTI e a 25 il mutuo per la bmw

PIEDENERO ha scritto:L’istruzione, tuttavia, non era l’unico trampolino sociale. Tanti operai, dopo qualche anno di apprendistato e specializzazione, riuscivano a coronare il sogno di “mettersi in proprio”. Si diceva così e lo si diceva con orgoglio perché aprire una partita iva, allora, era ancora una libera scelta. Andavi in banca, spiegavi il tuo progetto, ti davano un prestito e cominciava l’avventura che segnava la vita: da operaio a padrone. Quelli però erano padroni diversi dai grandi industriali di ieri e dai piccoli manager di oggi. Quelli erano padroni che, dentro, continuavano a sentirsi operai. Padroni che usavano le mani, che parlavano in dialetto e che conservavano un’intima diffidenza per i saputelli anglofili che poi avrebbero rovinato tutto.

si beh...me li ricordo bene ...lavoravano 15 ore al giorno 7 giorni su sette...erano padroni ma che vita di merda facevano???
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda al » lun giu 12, 2017 12:19 pm

Olà companeros!

sempre sul fronte della lotta dura: bravi.

però com'è che alle mani callose preferite il reddito di cittadinanza?
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda Sbob » lun giu 12, 2017 12:28 pm

al ha scritto:però com'è che alle mani callose preferite il reddito di cittadinanza?

Quelli non sono i compagni. Sono quelli che "i soldi crescono sugli alberi ed e' tutta colpa di [choose:Bildberg/UE/complottogiudaicomassonico/chiccigoverna] se non possiamo raccoglierli".
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda PIEDENERO » lun giu 12, 2017 13:12 pm

Sbob ha scritto:
al ha scritto:però com'è che alle mani callose preferite il reddito di cittadinanza?

Quelli non sono i compagni. Sono quelli che "i soldi crescono sugli alberi ed e' tutta colpa di [choose:Bildberg/UE/complottogiudaicomassonico/chiccigoverna] se non possiamo raccoglierli".


:lol:

58.948.748.622.336

http://www.economist.com/content/global_debt_clock



ne riparliamo quando salterà tutto, per ora conviene e si riesce a tenere tutto in piedi, balle sul debito comprese.

ciao fenomeni :D =D>
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda Sbob » lun giu 12, 2017 13:42 pm

?

Cosa c'entra?

(se tu fossi uno a favore del rigore capirei questo intervento, ma cosi'?)
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda Kinobi » lun giu 12, 2017 14:29 pm

@giorgio

Per fortuna i padroncini hanno evaso. E qualcosa gli è rimasto di quei anni.
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda giorgiolx » lun giu 12, 2017 15:14 pm

Kinobi ha scritto:@giorgio

Per fortuna i padroncini hanno evaso. E qualcosa gli è rimasto di quei anni.



sempre vita di merda facevano...quando ero l'universita' andavo da un amico di mio papa' che aveva una fabbrichetta, capannone attaccato alla casa, vista colli berici...mi pagava a cottimo...5 o 10 lire a vite forata...io andavo il sabato 8 ore e la domenica pomeriggio...tanto lui lavorava 7 giorni su 7 e la sera fino alle 22...alle 22 se non c'erano scadenze...altrimenti ad oltranza
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda Kinobi » mar giu 13, 2017 8:17 am

giorgiolx ha scritto:
Kinobi ha scritto:@giorgio

Per fortuna i padroncini hanno evaso. E qualcosa gli è rimasto di quei anni.



sempre vita di merda facevano...quando ero l'universita' andavo da un amico di mio papa' che aveva una fabbrichetta, capannone attaccato alla casa, vista colli berici...mi pagava a cottimo...5 o 10 lire a vite forata...io andavo il sabato 8 ore e la domenica pomeriggio...tanto lui lavorava 7 giorni su 7 e la sera fino alle 22...alle 22 se non c'erano scadenze...altrimenti ad oltranza



Confermo.
Nel Veneto potevano fare la scelta di fare la vita di merda ma avere qualcosa, o fare la vita di merda in altre parti (emigrazione) senza avere qualcosa.
Hanno scelto la prima. Con senno del poi, non so se ne è valso la pena. Per qualcuno si: mio zio ad esempio è ritornato dall'Australia vivo, e campa da un 55 anni ancora a casa sua. Sicuramente qualche regione italiana se la passa meglio da qualche lustro per la vita di merda dei veneti e manco ringrazia. Purtroppo hanno evaso troppo poco o, vista la bassa cultura e coltura del lavoro che avevamo, pare non sia sufficiente per il futuro. Hanno speso i soldi incerte cafonate senxa senxo tipo essere le provincie di TV e VI con il maggior venduto di BMW e Mercedes pro capite per anni (davanti a MI).
Il mio primo lavoro era d'estate a fare bombe in regola per la guerra Iran Iraq e mi sono comprato il Ciao, il secondo lavoro a carteggiare mobili rigorosamente in nero a 2500 all'ora presso Falegnameria Loro, e via così.

Detto questo, era vero che nella penisola "una volta" l'atmosfera era diversa, ma ci si dimentica di dire perchè era diversa.
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda funkazzista » mar giu 13, 2017 8:50 am

Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

In effetti... si poteva azzerare senza sentirsi in colpa! :lol:
:mrgreen:
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda PIEDENERO » mar giu 13, 2017 15:37 pm

lo posto anche qui dai :D


.....La fine della politica ha una ragione evidente. Così evidente da uscire dal chiuso dei pensatoi in cui si secernono analisi complesse ed arrivare – semplice, chiara, definitiva – su alcuni dei migliori editoriali di giornata.

Abbiamo scritto fino alla noia che questa crisi è figlia diretta dello spostamento del potere di decidere – che in linguaggio politico si chiama sovranità – dalla sfera degli Stati nazionali ai “mercati”. I quali, naturalmente, non danno “ordini” ma delimitano rigidamente i confini entro cui il potere di decidere può essere esercitato con qualche grado di libertà. Ad ogni buon conto, “i mercati” hanno preteso che buona parte del potere decisionale statuale venisse formalmente trasferito ad organismi sovranazionali, di incerta o nulla legittimazione democratica, in base a trattati sottratti al voto popolare o a convenzioni pattuite tra contraenti senza esplicito mandato.

Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale, ecc, sono alcune di queste istituzioni che hanno un enorme potere decisionale, decisamente prevalente su quello residuale degli Stati, sia per quanto riguarda l’estensione dei confini fisici su cui quella sovranità viene esercitata (un intero continente, nel caso della Ue e della Bce), sia per quanto riguarda i pilastri fondamentali di ogni decisione statuale (gestione del bilancio, della politica economico-finanziaria, legislazione commerciale e produttiva, alleanze internazionali e impegni militari).

Agli Stati nazionali è rimasto insomma assai poco su cui esercitare il potere di decisione. E quel poco, a ben guardare, è lo spazio competitivo su cui si esercitano partiti in concorrenza alle elezioni nei vari paesi. Ma se non c’è quasi niente da decidere (giusto quel qualcosa che “premi” le cordate vincenti), non c’è più alcuna politica.

Nasce da questa condizione oggettiva il senso di indifferenza, o aperta ostilità popolare, verso qualsiasi consultazione. Astensione e generica reazione “vaffa” la fanno in genere da padroni. Resistono ancora le consultazioni locali, in parte, perché lì l’ambito decisionale limitato è una consuetudine, parzialmente compensato da un certo potere di controllo sugli eletti (clientelare, magari, ma in qualche misura tangibile).

Ma le elezioni politiche o presidenziali – là dove ci sono, come in Francia – non sono più terreno di scontro tra diverse opzioni ideali, interessi sociali strutturati (sindacati, partiti, associazioni), tra programmi alternativi di gestione del potere di decidere.

E in effetti i “programmi politici” dei vari concorrenti sono variazioni sul tema, escamotage pubblicitari (scelti dai pubblicitari stessi!), sparate e promesse su questioni anche importanti ma in fondo secondarie (“sicurezza”, immigrazione, incentivi o detrazioni fiscali, diritti di minoranze quantitativamente marginali, costumi sessuali, ecc) a fronte dell’impossibilità di decidere dell’essenziale: produzione e redistribuzione del reddito tra le diverse figure sociali, non più legate da un “patto costituzionale” ormai stracciato dall’alto (le grandi banche d’affari contro le “costituzioni socialiste” del Sud Europa, ricordate?).

Di fronte alle dimensioni colossali di questa diversa dislocazione dei centri della decisioni politico-economica fanno dunque sinceramente pena quei piccoli reazionari che si ammantano di sovranismo, come se davvero il potere di decidere traesse origine da una comunità originale anziché, come in questa situazione, dagli strumenti utilizzati, dalla loro consistenza, dal lor strapotere. Insomma da ammontare e caratteristiche del capitale disponibile, gestito, circuitato........

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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda VECCHIO » mar giu 13, 2017 17:27 pm

Domenica scorsa elezioni comunali: 1000 comuni e 9 milioni di votanti.
9000 votanti per ogni comune e dato che in consiglio siedono una decina di persone almeno, 900 persone ogni politico!
Allora dico ben vengano le strutture sovranazionali perché qui è tutto un mangia mangia.
Se poi penso al livello di intelligenza e di cultura dei compolenti del governo, allora dico per fortuna ci sono altri.
Poi i discorsi economici degli esperti da una parte e dei sindacati dall'altra... vedi alitalia dove pure scioperano!
Ieri bersacchiotto, quello che ha preso per la moglie le farmacie di piacenza, era il massimo e viene ascoltato.
Dai, siamo un paese di ignoranti che credono di essere chissàchi, e io se volete mi metto davanti!
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Re: Com’era bella l’Italia quando non eravamo liberisti

Messaggioda El Rojo » mar giu 13, 2017 18:43 pm

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