Si possent homines, proinde ac sentire videntur
pondus intesse animo quod se gravitate fatiget,
e quibus id fiat causis quoque nascere et unde
tanta mali tamquam moles in pectore constet,
haud ita vitam agerent, ut nunc plerumque videmus
quid sibi quisque velit nescire et quaerere semper
commutare locum quasi onus deponete possit.
Exit saepe foras magnis ex aedibus ille,
esse domi quem pertaesumst, subitoque revertit,
quippe foris nilo melius qui sentiat esse.
Currit agens mannos ad villam praecipitanter,
auxilium tectis quasi ferre ardentibus instans;
oscitat extemplo, tetigit cum limina villae,
aut abit in somnum gravis atque oblivia quaerit,
aut etiam properans urbem petit atque revisit.
Hoc se quisque modo fugit, at quem scilicet, ut fit,
effugere haud potis est, ingratis haeret et odit
propterea, morbi quia causam non tenet aeger:
quam bene si videat, iam rebus quisque relictis
naturam primum studeat cognoscere rerum,
temporis aeterni quondam, non unius horae,
ambigitur status, in quo sit mortalibus omnis
aetas, post mortem quae restat cumque, manenda.
Se gli uomini potessero comprendere anche la causa prima da cui ha origine il peso che con la sua gravità li opprime e preme sull’animo e in che cosa consista questa tanto grande, per così dire, mole di male nel petto, non vivrebbero così come ora li vediamo per la maggior parte, ignorando ciascuno ciò che vuole e cercando sempre di cambiare luogo, come se potesse liberarsi di un peso. Spesso uno esce fuori dalla sua grande dimora poiché si è annoiato di stare in casa e immediatamente vi fa ritorno, non appena si rende conto che non sta per nulla meglio fuori. Corre a rotta di collo sferzando i cavalli verso la villa, come se stesse per portare aiuto alla sua casa in fiamme; e sbadiglia subito poi, quando ha toccato la soglia della villa, oppure si abbandona stanco al sonno e cerca l’oblio o anche si precipita a ritornare per vedere la città. In tal modo ognuno cerca di fuggire se stesso, a cui, com’è naturale, non è possibile fuggire suo malgrado e rimane legato a se stesso e si odia dal momento che infelice non comprende la ragione profonda del suo male: se la vedesse bene, ciascuno, lasciata ogni occupazione, si preoccuperebbe soprattutto di studiare la natura della realtà, poiché è l’eternità in gioco e non un’ora sola, quell’eternità in cui i mortali dovranno vivere tutto il tempo che gli resta da trascorrere dopo la morte.
Lucreziani saluti
TSdG