È una grigia mattina quando arriviamo a Casso (m.964), paesetto dimesso e un po' lugubre arroccato su una costa verde in vista della famosa diga del Vajont dalla trista fama.

Siamo in quattro: oltre al sottoscritto ci sono Marco (Dolmen), Valeria (Lavaleria°__°) e la sua "microamica" Giulia.
L'idea sarebbe quella di raggiungere i "Libri di San Daniele", curiose formazioni rocciose stratificate che si trovano lungo la cresta che dal M.te Piave porta al M.te Sterpezza (m.2215). Raggiunta poi la cima di quest'ultimo, proseguire e raggiungere la cima del M.te Borgà (m.2228), la maggiore elevazione di questa breve catena. Da qui scendere per il sentiero che porta al paese di Erto e, prima di raggiungerlo, piegare per lo storico sentiero dei carbonai, il "Trui dal scjarbon", che riconduce a Casso.
Imbocchiamo dunque il sentiero n°393 che inizia già tra le case di Casso e presto diviene un vero ruscello in conseguenza delle piogge dei giorni scorsi. Sale subito con decisa pendenza. L'umidità è altissima, si comincia a sudare, motivo per cui Marco decide di fasciarsi la testa con bandana dal vago sentore ospedaliero. Stiamo attraversando una bella faggeta.

Uscito dal fitto del bosco, il sentiero con brusca svolta verso destra imbocca una stretta cengia che permette di rimontare un risalto roccioso.

Sbuchiamo quindi sull'inclinato Pra de Salta, verdissimo in questa (anche troppo) irrigua stagione.
Di fronte a noi il famigerato monte Toc, sul fianco del quale spalanca le sue lugubri ali una ferita che mai si rimarginerà del tutto.

Continuiamo a salire per l'inclinato pratone. Sarà forse il grigio del cielo, sarà il verde intenso e il rigoglio dell'erba nella quale siamo immersi e nel quale spiccano gialle fioriture: io la Patagonia me la immagino un po' così.

Il pendio non dà tregua. Ci innalziamo rapidamente in direzione delle rocce visibili del M.te Salta.

Raggiunta la base di queste il sentiero conduce verso destra, aggira una spalla e porta in un canalone ghiaioso.

Rimontiamo questo raggiungendo F.lla Piave, situata tra il M.te Salta e il M.te Piave.

Dall'altra parte della forcella lo sguardo spazia su Zoldano e Cadore. Partendo da sinistra ecco la Rocchetta, il Sasso di Toanella, il Sasso di Bosconero, gli Sfornioi, il Sassolungo di Cibiana, e più in fondo l'mbiancato Antelao e poi sulla destra la catena delle Marmarole.

Dall'altra parte occorre scendere una ventina di metri lungo un franoso canale che Giulia supera con grande fermezza di natica.

Risaliamo poi un verde canalone che riportando in quota ci fa raggiungere la cresta principale.

Da qui siamo in breve ai famosi "Libri di san Daniele", la nostra prima meta,

sulla vetta della quale Marco e Valeria celebrano un tipico rito caiano.

Intanto il tempo volge decisamente al brutto, anche se le nuvole restano alte per cui la visibilità continua a rimanere discreta. In distanza verso la Schiara, verso la bianca Civetta e l'Antelao, e dall'altra parte in direzione del Col Nudo e del Duranno, le nuvole iniziano a fondersi con la cima delle montagne sciorinando inconfondibili velature di pioggia. Noi siamo su un alto balcone in mezzo a tutto questo, ma finora restiamo indenni.
Presto però anche questa tenue illusione cade quando iniziamo a notare intorno a noi la frenetica danza dei minuscoli puntolini bianchi. La neve!
Non ci possiamo quindi fermare a lungo e proseguiamo.
Il crinale da roccioso si fa nuovamente prativo in direzione del M.te Sterpezza

la cui cima viene presto raggiunta.

La nostra meta ultima, il M.te Borgà, è vicina. Sulla sua vetta scorgiamo la sagoma di un isolato escursionista, evidentemente salito da Erto lungo la via che utilizzeremo per scendere.

Un ultimo piccolo sforzo e raggiungiamo il M.te Borgà, ove Marco si impegna subito nella consultazione del libro di vetta.

Poi mentre Valeria dà spettacolo con il cambio della maglietta



Nel frattempo ha smesso di nevicare e possiamo quindi dedicarci al pranzo, che per il sottoscritto è costituito, come tradizione vuole, da succulente marmellatine di cotogna con crackers, innaffiate da integratore salino.
Mentre anche Marco estrae le frugali cose che si è portato da mangiare a mia imitazione (per non sfigurare, credo), si sparge a tradimento nell'aria il profumo speziato dei pantagruelici paninazzi al salame che le fanciulle intendono consumare in nostra presenza innaffiati da fiumi di rosso, confermando così la fama niente affatto usurpata che le "furlane" godono in tutto il mondo quanto a propensioni eno-gastronomiche.

Mosse infine a pietà dalla dilatata pupilla di Marco, fattasi liquida a causa della tracimante salivazione, devolvono volentieri in suo favore uno di questi micidiali "panini", che come Giona sparisce subito nel suo capace ventre di cetaceo.
In breve però decidiamo di scendere, poiché anche se non nevica più il clima resta rigido.
Attraversiamo il bellissimo alpeggio dove sorgono i ruderi della Casera Borgà.

Poi il sentiero si fa alquanto ripido e scende senza tanti complimenti in direzione del paese di Erto che appare nel fondo.

Prima di raggiungerlo ecco la storico sentiero dei carbonai, il "Trui dal scjarbon". Lo imbocchiamo passando attraverso intense fioriture di ginestra in un paesaggio a tratti sassoso e arido, a tratti verde e rigoglioso.

Ecco infine comparire il paese di Casso, che raggiungiamo chiudendo così l'anello.

Abbiamo camminato per 7 ore (esclusa la mezz'ora di sosta pranzo).
Una visita all'osteria conclude una giornata soddisfacente a dispetto del maltempo che, scopriamo, altrove ha imperversato con violenza ben maggiore.
Ma le fatiche non sono affatto finite per le due instancabili fanciulle, che intendono rimanere in zona per darsi ai bagordi di un'improbabile notte bianca ertana prevista proprio per questo sabato sera. Roba da matti, credo che né io né Marco reggeremmo stasera oltre le 9. Non sarà forse che le furlane hanno una marcia in più?
