Per quanto mi riguarda le categorie egoismo/altruismo hanno poco senso.
Se non andassi in montagna e affrontassi quella dose di rischio adeguata alla mia preparazione e mentalita', se non facessi le cose che mi sento chiamato a fare chi sarei?
Personalmente mi sentirei un fantoccio e non sarei completamente felice, non perche' la felicita' e' nella montagna ma perche', per me, felicita' e' realizzare se stessi,
e' rispondere a quanto mi sento chiamato a fare.
Non pensiamo che le persone che ci stanno vicino fruiscono della nostra presenza, del nostro affetto, ma anche delle ricchezze che viviamo attraverso la montagna?
Non pensiamo che attraverso di noi la montagna puo' riflettere i suoi laghi, i suoi nevai o le sue pareti verticali?
Non pensiamo che a volte siamo come degli specchi attraverso i quali anche gli altri gioiscono in qualche modo delle cose che facciamo?
Quando si rischia ognuno e' misura di se stesso e l'imponderabile e' sempre la' dietro l'angolo sia che si scali su marcio, senza corda, o si percorra un facile sentiero.
Ogni rischio che affrontiamo e' una porta verso l'autoconoscenza o verso il nulla ... o entrambi ...
Sta a noi mettere questi due pesi sul piatto della bilancia e stabilire quanto valore dare alle cose che facciamo, ma anche, in qualche misura, a chi ci vuole bene.
Ciao
Lorenzo