A rischio di sbeffeggio.....
ed intimidito da Alter Ego...
Lui si beccherà la copertina de "l'Arrivista" io quella di "Veccho Scarpone"
Posso rimanere più sul goliardico?.?
Il racconto è personale ma fa? capire l?evoluzione dei tempi?anche questa è storia.
Primi passi. La scuola CAI.
1978.
Mio padre, si accorge che la mia passione per la montagna non trova più spazio sufficiente nelle lunghe a anche impegnative camminate. Ogni sasso è un occasione, un tentativo per tentare di salirlo.
Mi iscrive alla scuola di Alpinismo Gervasutti del CAI di Torino. Meglio. Litiga e discute per iscrivermi.
Ho sedici anni e la prima risposta che riceve ?L?alpinismo non è roba da ragazzini.?
Non ho mai saputo il motivo per cui alla fine accettarono la mia iscrizione, in tutta onestà credo che pesarono molto le amicizie di mio padre.
L?ambiente alla ?Gerva? era ancora ?militare? ed estremamente formale.
Anni dopo leggerò che uno dei meriti dei direttori di quel periodo fu di ?svecchiare, ringiovanire e rendere meno formale? l?ambiente della scuola.
Sarà cosi. Probabilmente prima erano ancora in voga le punizioni corporali e le fustigazioni con canapone del 14.
All?atto dell?iscrizione ricevo una ?lista della spesa? di quello che devo avere.
1) Scarponi (be? certo non mi presento a piedi nudi)
2) Imbracatura
3) Due moschettoni a ghiera
4) Un cordino
5) Casco.
Prima lezione teorica. Nodi & affini.
Passo la settimana e mezza successiva a provare e riprovare a casa barcaiolo, mezzo barcaiolo, prusik, bulino, otto inseguito e una svariata serie di nodi autobloccanti e no con i moschettoni
Meno male che ho un bel libro che spiega tutto. Alla lezione teorica ero in 32° fila e non ho visto una mazza.
So tutto a memoria. Ora sono un alpinista.
Prima lezione pratica. Courbassere.
Allievi in scarponi. Istruttori in scarpette. Certo. ?Figlioli, prima imparate a usare gli scarponi? Un allievo fa notare che è difficile imparare ad arrampicare in scarponi se quello che devi guardare, per carpirne i segreti, usa le scarpette. Non lo vedrò più. O ha rinunciato o lo hanno preso a sassate ed è ancora lì, svenuto fra i massi.
Mi infilo l?imbrago e mi lego. Nodo a otto. Non so perché ma mi sembra più affidabile del bulino che ho l?impressione si possa sfilare facilmente. . Vengo coperto di contumelie ed insulti. ?Si usa il bulino, non il nodo a otto che è pericolosissimo! Iniziamo bene, non è stato attento alla lezione teorica!?
Lezione di corda doppia, rigorosamente a spalla. Per l?autosicura faccio il Machard, non so perché ma mi sembra più gestibile del prusik.
Altra serie di contumelie ed insulti. ?Si usa il prusik! Dove ha imparato quel cavolo di nodo che è pericolosissssssimo??
Veramente l?ho letto sul libro dei nodi delle guide di Cortina?.? Male! Dov?era alla lezione teorica? Da noi si usa il prusik!?
Non sapendo nulla sul federalismo regionale dei nodi, mi adeguo.
Vagli a spiegare che in 32° fila con davanti stangoni da un metro e ottanta ed un brusio da sciame di vespa a malapena ho intuito che la lezione era sui nodi.
Scopro anche che ci si dà del Lei. O del voi. Non l?ho mai capito.
I tre mesi di corso scorrono fra banali salite dove nessuno mi spiega una cippa di niente e racconti di istruttori di mirabolanti imprese alpinistiche al limite della vita, fra cui la normale del Monviso e la normale del Ciarfaron.
Scopro anche un?altra regola non scritta.
Gli istruttori forti (perché ce ne sono molti, Manera su tutti, direttore del corso), con gli allievi forti (ma se sanno già arrampicare, che ci sono venuti a fare?).
Gli istruttori pippa, con gli allievi pippa. Solo che cosa impari da un istruttore che non riesce a passare il terzo tiro del Cinquetti in Sbarua?
Ci sono i famigerati ?libretti? dove l?istruttore deve segnare la salita fatta e la valutazione dell?allievo.
Che sono anche ?misteriosi?. Non puoi sapere che cavolo ci scrivono.
Nell?ultima uscita dopo una banale salita in montagna, scendo un canale di deiezione sciando sul pietrisco prima e saltando sui massi grossi dopo. Il mio istruttore (non svelerò il nome neanche sotto tortura, oggi è un accademico?) indietro di 200 metri ogni tre per due batte una sonora culata per terra. Al rifugio lascia il famigerato libretto aperto e sbircio: ? discreta conoscenza del terreno di montagna?. Discreta? Mi permetto, ingenuamente, di far osservare il fatto. Apriti cielo. Succede il finimondo e rientrati a Torino faranno rilevare il fatto a mio padre. Lì capisco che del concetto ?scuola? hanno preso la parte deleteria.
Alla fine del primo corso non sono ammesso al secondo. Insomma bocciato.
La passione è intatta. Solo quella perché il resto è un disastro.
Nei giorni successivi, mentendo spudoratamente a mio padre (vado a fare un giretto in Val Pellice?) farò la mia prima ?protosolitaria?. La normale del Granero.
La maturazione verrà qualche tempo dopo.
L?incontro con Giancarlo Grassi ma soprattutto, dal punto di vista umano, con Gianni Comino.
I gradi, la libera, le cavalcate sulla pietra (ma anche le sbronze e il primo spinello) in valle dell?Orco, subito dopo.