E invece ieri è successo, ho voluto provare, ho ceduto.
Progetto: uscita di allenamento sulle Vette Feltrine, da passo Croce d'Aune al rif. Dal Piaz e da lì alla cima del monte Pavione.
Parto con 'sti cosi in mano che all'inizio m'intralciano, ma resisto. Prendo ritmo. In salita però aiutano, osservo mio malgrado. Ma fanno rumore, un tek tek secco accompagnato da una piccola vibrazione, fastidio! io di solito ho il passo della pantera quando salgo!
Resisto. Forzo il passo, voglio vedere se davvero aiutano. Sì, aiutano. Raggiungo una cospicua tribù di giovani macachi urlanti (tredicenni?), li supero, sono tanti, troppi, sgranati lungo la salita, li passo tutti, ma le loro urla riempiono la valle, mi inseguono fin sulle creste.
Arrivo al rifugio,
950 m di salita per 4,5 km di sviluppo. Guardo l'orologio, un'ora e venticinque, è tanto, pensavo di fare prima. Ma allora 'sti bastoni a che servono? Sarà forse a causa della lunghezza, un po' tanta per 900 metri di salita... Non posso non guardare 'ste cose! da giovane non me ne fregava niente, ma adesso... con l'età sarò diventato maniaco della prestazione? Un mio amico purista osserverebbe sconsolato "sei diventato anche tu un competitivo...", e aggiungerebbe forse anche "...del c***o". Ma come si fa, mi giustifico, a non essere così? Dopo i cinquanta si è sempre in gara, anche se soltanto con se stessi! Ci si osserva, ci si confronta, ci si scruta... Anche se il nemico da battere è in realtà imbattibile, perché è il tempo che passa, è l'angoscia che ci prende a ogni piccolo segno di cedimento.
Al rif. Dal Piaz non resisto davanti a una fetta di "Sacher torte" di Morettiana memoria. L'interno è bello, un po' austero come nei rifugi all'antica, ma caldo.
Mi rilasso. Esco.
L'arrivo dei primi macachi mi spinge ad andarmene. Affronto i primi crinali d'erba, sempre con questi bastoni che con le loro punte si infilano decisi nel folto cercando terra da mordere. E aiutano! Salgo lungo il crinale, alla mia destra la Busa delle Vette,
un biotopo unico. Siamo nel parco delle Dolomiti Bellunesi. Il percorso è di grande respiro, valica gobbe erbose, sale e poi scende, e poi risale con la curiosità di un bambino. Chi l'ha tracciato è stato certamente più attento a seguire le rotte dell'anima che non a mantenere l'isoipsa. In discesa i bastoni mi danno sicurezza; temo molto le discese da quando una storta stellare alla caviglia mi ha costretto venti giorni in gesso.
All'improvviso mi si para davanti un colle immenso, regolare, imponente.
Mi pare che a salirlo non ce la farei neanche in cent'anni, lo spazio intorno è vasto e assoluto, tutto vibrante d'erbe impazienti alla brezza, mi manca il fiato, un senso d'infinito mi amplia lo spazio intorno. Saranno così, mi domando, gli spirituali altopiani del Tibet, le praterie sterminate delle Patagonia? Mi inerpico su questo colle, il Col di Luna, trascinandomi come su un Golgota.
Mi avvicino al monte Pavione, "la più bella piramide verde di tutte le Alpi" come lo definì Severino Casara in uno dei suoi famosi slanci lirici. Bugiardo o troppo entusiasta? propendo per la seconda ipotesi. Sembrerà forse una piramide visto da Fiera di Primiero che appare bassa e lontana, e in questa stagione è già pregna di veneziani che trascinano i loro cospicui ventri tra i caffè del centro e forse mai hanno alzato gli occhi su questi paraggi, ma visto da qui sembra piuttosto una sfinge.
Appare altissimo, ma mi affido ai bastoncini fatati e arrivo in cima. Dal rifugio 500 metri di salita più 120 di discesa su 3 km di sviluppo. Guardo l'orologio. Ma come? Solo un'ora dal rifugio? Mi sentivo stanchissimo, tutto quello spazio intorno mi aveva ubriacato, pensavo di essere andato così lento che quasi stavo fermo. Sarò stato protagonista di einsteiniane contrazioni dello spazio e dilatazioni del tempo con 'sti bastoni magici, come deve essere successo al famoso gatto delle sette leghe?
Sono perfettamente solo, sto benissimo. Mangio e bevo poco. Decido di scendere dall'altro versante, farò un giro largo largo, voglio godermi tutti questi pianori, queste erbe, questo silenzio. Dall'altra parte scopro plaghe serene attorno alla Malga Monsampiano,
purtroppo sovrastata da un grigio quadratone di lamiera, obelisco sacro alle telecomunicazioni, che mi riporta al secolo in cui vivo. Oltre il piccolo abitato di Aune che appare incastrato laggiù nel fondo, ecco la retta scriminatura di un impianto di risalita tracciata sul basso monte Avena. Altri tempi quelli nei quali "sisciaamonteavena" era quasi uno scioglilingua. Oggi gli sciatori cercano ben altro, si sono portati altrove anche la neve che da tempo ormai diserta questi luoghi depressi.
Torno al rifugio chiudendo l'anello. Una birretta nel tempo che tre tedeschi si scolano 6 boccali da mezzo litro, e poi giù con 'sti bastoni che mi frenano a dovere preservandomi da altre storte.
Insomma, fino a ieri mi vantavo di non usarli, avevo anche raccolto per questo esplicite lodi che mi avevano inorgoglito, come ad esempio quelle di Remo, un atletico falcadino ruvido e schietto. Che faccio adesso? vado a trovarlo, gli suono il campanello, gli dico "riprenditi le tue lodi, non ne sono degno"? No, ho deciso che farò finta di niente.
Allora per stavolta bastoncini OK. Ma le prossime? Saranno come una droga, daranno assuefazione? Non riuscirò dunque più a farne a meno?
E il mio purismo che fine farà?
A queste domande non so rispondere. Quello di cui sono però certo è che amo la libertà e dunque non sarò mai schiavo di nessuno.
Meno che mai delle mie coerenze.