Maurizio ha scritto:
Certo Gladia, nessun problema. Sicuramente li conosco: io stesso, a volte, "sono caduto in tentazione". Molto spesso, ripetendo vie altrui dell'ultima generazione, mi son trovato a fare dei tratti di collegamento, valutati 5a, 5b o addirittura 5c. Tratti in cui camminavo senza poggiare le mani, magari pure chinandomi a moschettonare gli spit (!!!) Rileggendo la definizione di difficoltà che introduce le "guide grige", tali tratti avrebbero dovuto essere valutati III. Ma un III stona in mezzo ai 6c, così ecco che divenivano 5b almeno. Stesso principio per i 6a in mezzo ai 7a, etc.. Per contro i 6c a volte erano davvero duri, se magari era solo un passaggio in tutta la via. Ma, guarda caso, questo era azzerabile. A forza di caderci ho cominciato a pensare che ci fosse una ragione sotto, ed alla fine l'ho dedotta, con spesso ammissione esplicita di colpa da parte degli apritori. Per questo dico che, spesso, i gradi su queste vie sono una questione di marketing... Tutto viene fatto in base al target a cui è destinata la via. Fino agli eccessi di scavare le prese sui tratti troppo duri...
Ma i casi sono infiniti e non è giusto generalizzare: magari a fianco a queste vie non ti alzi sui 5a, ma non perchè abbiano pochi e vecchi chiodi, ma perchè sono proprio difficili. Io non stavo parlando di difficoltà psicologica dovuta alla chiodatura, e dell'assuefazione da spit. Stavo proprio parlando di difficoltà tecnica! Il che è radicalmente differente.
Quel che dice Cuorpiccino lo trovo interessante. Inversione di tendenza a parte, trovo che oggi spesso c'è proprio astio per chi propone una visione della scalata "d'elite" e/o dichiaratamente anti-popolare. Molto spesso mi son sentito dire che aprire con obbligatorio oltre il 6c è inutile e, anzi, "snob", perchè tanto su quelle vie non ci va nessuno. E per adesso è anche vero, purtroppo. Ma non è detto che le cose cambino...e poi non è scritto da nessuna parte che un'apertura debba essere un atto di altruismo e non di egoismo (fintanto che non si lede la libertà altrui e si rispetta il passato).
Io penso che l'arrampicata sportiva abbia portato molte novità positive. Io stesso la pratico assiduamente , anche se non è certo la mia prima passione. Però con l'arrrampicata sportiva è germogliata, nei primi anni '90, questa "pericolosa" idea che tutta la roccia debba essere portata a dimensione d'uomo e resa in qualche modo "sportiva", adatta al divertimento. Ora, che il seme ha attecchito, è difficile convincere del contrario chi è cresciuto con questi principi o chi, per necessità o per fede sincera, vi si è convertito. Poi non è che riesci a far cambiare facilmente mentalità alla gente..così...ogni 10 anni!![]()
Non mi meraviglia pertanto che si accusi di snobismo chi mette io chiodi lunghi o chi scrive manifesti come quello gardenese. Ci vuole del tempo per metabolizzare e all'inizio si va per eccessi, fino a trovare, si spera, la giusta misura.
Poi io resto convinto che sia fondamentale l'esempio dei top climber. Più di quanto si creda. Loro sono come dei testimonial, che veicolano un messaggio. E' come la pubblicità. Apparentemente tutti fanno altro e nemmeno la guardano, tenendo però il televisore acceso, e magari si dice anche "ma guarda che fa questo c******e..."...però poi ci ragiona su, a volte anche inconsciamente. Come è importante l'approvazione sociale della massa verso un particolare tipo di condotta. Quando questa viene a mancare la spinta si esaurisce, e certe cose improvvisamente non si fanno più. Per questo nel campo dell'arrampicata e dell'alpinismo, dove girano pochi soldi, è relativamente semplice "far rivoluzioni", anche se qualcuno le chiama semplicemente "mode". Se pensiamo che sono bastati quattro scritti di Motti (molti dei quali tradotti e neppure da lui elaborati) a instaurare un processo di cambiamento di mentalità, alla fine degli anni '70, ci rendiamo conto... E' interessante notare anche come si sia invece propagata la mentalià dell'arrampicata sportiva che, a differenza del Nuovo Mattino, ha potuto contare molto di più sull'appoggio dei media (le prime gare, Alp, etc). E come questa abbia attecchito in modo (e con mentalità) differente a seconda delle varie regioni d'Europa e, spesso, realtà provinciali. Oggi osserviamo invece il diffondersi delle garette provinciali, dei raduni...ancora una differente mentalità collegata al boulder... Importanti amici d'oltre alpe mi assicurano che il futuro è invece nei grandi meeting non competitivi: si comportano come dei bambini entusiasti che hanno scoperto il nascondiglio della marmellata, come se questi ultraquarantenni oggi manager della scalata spesso al servizio della case produttrici di materiale, quando erano ragazzi, non avessero mai sentito parlare di Woodstock. Mah!
Di tutto ciò sarebbe bello parlare, se volete, vi ho dato solo delle idee...senza nessuna pretesa
ciao
Maurizio
Ciao Maurizio, io penso che questo sia un argomento molto delicato e in qualche modo "intimo", radicato cioè nell'animo di ognuno di noi che abbiamo avuto qualche contatto con l'arrampicata sportiva, con quella d'ambiente o con quella in montagna su quello che gli amici d'oltralpe chiamano "terrain d'aventure".
Il discorso fondamentale è secondo me capire il motivo per cui ognuno di noi fa una cosa: quello che francamente non capisco è l'ambiente di festa e di gioco che vedo che qui in Piemonte circonda un po' il mondo dell'arrampicata.
Mi spiego: mi pare che per molti qui l'arrampicata sia il ritrovarsi ogni tanto al Rifugio levi, a fare due blocchi. Ma perche? Non perchè si vuole provare un blocco, o allenarsi, o fare una cosa che ti piace e basta...bensì perchè ci sono tutti quelli della palestra, ci sono i forti (niente nomi ma sicuramente tu hai capito e quei forti in quanto a marketing la sanno davvero lunga...

Il discorso che hai fatto dei gradi poi ovviamente non fa una piega...per fortuna che qui c'è ancora qualcuno come Manlio che ti fa trovare da ragionare sul 6a
Io sono il primo a cui piace fare festa, anzi se qualcuno vuole un consiglio su cosa fare a Torino e che locali frequentare durante la sera sono contento di dare consigli, ma francamente questo ambiente festaiolo nell'arrampicata non lo capisco.
Per me andare a fare una via un po' al limite, dove magari gli spit non ci sono non è una festa e non ho problemi a dire che la notte prima non dormo mai bene. Leggo e rileggo, cerco di capire qualsiasi cosa che non ho ancora capito.
Poi vedo però che a scalare dove vado io ci sono sempre le stesse persone...e lì nessuno fa festa...
Al disertore non ho mai visto anima viva, alle Aquile non ho visto anima viva, alle Ombre non ho visto anima viva...poi guarda caso a Bosco la piola è sempre piena nei fine settimana e da qualunque tavolo si parla solo di spit, placche tetti, ecc...
Parlavo poco tempo fa con Daniele e mi ha detto esattamente le stesse cosa..."Arrampicare non è sempre una festa".
Poi vado in palestra e sento solo parlare di numeri...vabbè che tristezza
L'importante comunque è andare a fare i blocchi al Levi, tanto siamo tutti assieme, e ci sono anche i forti, c'è posto per tutti...
Certo che il Levi è proprio rinato...se non ci fossero gli arrampicatori che fanno tutto per amore della roccia....

Lo so che probabilmente non hai capito nulla di quello che ho scritto ma è difficile esprimere davvero quello che penso...Ciao.
Fabio