da Giampo » mar giu 20, 2006 23:21 pm
Vi voglio far qui conoscere i fatti (solo i fatti perche se si dovesse parlare de "i fatti" allora ci vorrebbe troppo tempo) vissuti sabato 17 ultimo scorso al Campanile Livia da una persona "normale".
Uno normale non è un vero alpinista.
Uno normale non è un climber palestrato.
Uno normale è uno che ogni tanto fa qualche cazzata, ma se ne rende conto.
Uno normale è un amico che non ti molla se per caso sei nei guai.
Sabato 17 giugno 2006
Via Valeria al Campanile Livia (Corno Piccolo gruppo del Gran Sasso)
CORDATA E CARATTERISTICHE DELLA VIA.
La nostra cordata è composta da un giovane, da una giovanissima e dal sottoscritto.
È presente una quarta persona che, rivolgendosi al sottoscritto all?ultimo momento, è stata aggregata per corrispondere al suo desiderio di fare una semplice escursione in zona.
La ragazza è alla sua prima esperienza di arrampicata sul Corno Piccolo.
Sul giovane ricade il compito di salire da primo.
Il sottoscritto (48 anni) ha un brevissimo curriculum da secondo (4 vie ?una spittata, tra il IV e il VI-. Percorse tutte , tranne la primissima, senza ?patemi?) e intenderebbe provare un tiro facile da primo.
La via scelta è la ?Valeria? al Campanile Livia del Corno piccolo. 140 metri. 4 tiri. AD con passaggi fino al IV-
Per la salita si segue non la relazione Grazzini - Abbate ma quella riportata sul sito internet della Sezione Cai di Firenze
La via è stata scelta:
in rapporto alla capacità di salita del primo di cordata;
per la sua valenza didattica;
per l?accessibilità determinata dalle particolari condizioni di innevamento del periodo che paiono precludere l?accesso ad altre vie di pari difficoltà presnti nella zona.
Ci si informa in particolare sulle caratteristiche del 2° tiro che presenta una ?caratteristica fessura serpeggiante? in ordine alle possibilità di assicurazione sulla stessa. Si confida al riguardo in una serie di friend comprendente i ?numeri medio alti?.
RAGGIUNGIMENTO DELL?AREA E AVVICINAMENTO
h. 06:20 partenza in auto da Roma
h. 09:20 si giunge tramite seggiovia presso la ?Madonnina? e si inizia l?avvicinamento.
CONDIZIONI E PREVISIONI METEO
Al mattino sul posto c?è leggera copertura.
Le previsioni danno tempo buono e stabile per la intera giornata.
SALITA
h. 11:40 si è all?attacco della via. L?avvicinamento è stato troppo lento.
Il sottoscritto rinuncia perciò al tentativo di provare a salire da primo.
Si procede alla vestizione e alla preparazione del materiale.
Il primo tiro è occupato da una cordata di due persone. Occorre attendere l?uscita di questa cordata dal primo tiro.
h. 12:20 Si attacca il primo tiro (40m III+)
h. 13:00 la ns cordata è alla 1^ sosta. Occorre attendere che che venga liberato il tiro successivo
Mentre si attende ci raggiunge e si accoda un'altra cordata di tre persone.
h. 13:30 partenza per il 2° tiro (è quello caratterizzato dalla fessura ?per la protezione vengono impiegati quattro friends)
h. 14:00 il ns capocordata è alla 2^ sosta. La integra con un chiodo.
h. 14:30 tutta la cordata, dopo aver superato la fessura, è alla 2^ sosta
Si attende la liberazione del tiro successivo da parte della cordata che ci precede. Nell?attesa ci raggiungono tutti i componenti della terza cordata.
Mentre il loro primo recupera i secondi si ha abbondantemente tempo per conversare e scambiarsi commenti tecnici sulla via e alcune battute. Il loro primo si dimostra abile e competente. I suoi due secondi, una ragazza e un uomo sui 40 anni, sono invece alle prime esperienze e la cosa si nota.
h. 15.15 ora il nostro primo può attaccare il 3° tiro (quello del camino) che è finalmente liberato dalla cordata che ci precede.
h. 15:45 il nostro primo giunge a quella che sembra essere la 3^ sosta. Integra anche questa e ci recupera. Sale la ragazza (qui con un po' di fatica). Salgo anch?io veloce ma pensando che come primo, quel tiro, non potrei salirlo.
Non ho riscontri per documentare quanto abbiamo dovuto attendere per la liberazione del tiro successivo.. La ragazza della cordata che ci segue sale con difficoltà il camino e la successiva placca rigata. Passa altro tempo. Ad un certo punto partiamo.
Si tratta di percorrere una cengia di una decina di metri coperta da neve. È l?unica occasione in cui questo elemento interferisce apprezzabilmente con la salita. Il nostro primo percorre quei metri innevati , senza dislivello, ma senza punti di assicurazione intermedia, fino a giungere ad un risalto al termine della cengia.
Poi dobbiamo ancora fermaci. E con noi, il leader della terza cordata mentre recupera ancora i suoi secondi. Non si riesce a capire se la via attraverso l?ultimo risalto sia libera o meno.
Alla fine dobbiamo sostare tutti e quattro su una cengetta, ancora in ombra, coperta da molta neve.
h. 17:45 siamo ancora lì. Sempre aspettando. Qui, con le gambe immerse nella neve, prendiamo freddo.
h. 18:30 siamo finalmente in cima al campanile.
DISCESA IN DOPPIALa cordata che ci precede sta ancora impegnando la sosta di calata. (Effettuerà due calate impiegando anche una sosta intermedia, prima di giungere all?attacco della ?normale?.
Il capo della cordata che ci segue non raggiunge la cima del campanile e, con un breve ma esposto traverso va ad occupare la sosta di calata (che è posta un paio di metri sotto la cima)
Dobbiamo attendere che si calino anche loro. Sono lenti.
Ne approfittiamo per mangiare un po?.
Il sottoscritto fa perdere un quarto d?ora nel ripassare e ricontrollare il sistema discensore-autobloccante.
h. 19:15 (stima) scendiamo alla sosta di calata
h. 19:25 (stima) il sottoscritto inizia a calarsi. Evita la sosta intermedia e giunge direttamente alla base della via normale.
h. 19:40 siamo tutti alla base della parete.
PERCORSO DI RIENTRO
Ci si sveste dell?attrezzatura e si rifanno le corde.
Allorchè si tratta di muovere i primi passi per guadagnare la Sella dei Due Corni la ragazza della nostra cordata sembra non essere più la stessa. Fa fatica a muovere passi sul pendio che, lungo le pareti, conduce alla Sella. Dà l?impressione di camminare a piedi scalzi su dei cocci di bottiglia.
La cosa mi sorprende.
L?aspetto e insieme raggiungiamo il nostro primo che ci attende sulla Sella.
h. 20:20 Siamo tutti alla Sella. Telefono a casa dando conto della situazione e avvertendo che ci vorranno un paio d?ore prima di raggiungere la macchina.
Il nostro primo inizia a scendere velocemente, a mò di sollecitazione, lungo il pendio innevato che conduce al Franchetti. Quando è a metà strada si ferma. La ragazza scende con incertezza.
PRESA D?ATTO DELLE DIFFICOLTA?Ci riuniamo ancora tutti e tre. Io e il giovane compagno decidiamo che lui scenda velocemente con lo scopo di ricongiungersi con la cordata che ci precedeva (di cui è conoscente di uno dei componenenti) approfittare di un passaggio fino ai Prati di Tivo. Recuperare l?auto colà parcheggiata e portarla alla Piana dei Laghetti dove noi lo raggiungeremo scendendo più lentamente.
Gli consegno il mio cellulare. Il suo è scarico. Noi abbiamo quello della ragazza.
Lui si avvia rapido. Noi iniziamo a scendere. La traccia segue un arco ben definito nella conca coperta di neve sottostante alla Sella. La ragazza ha difficoltà. Unisco la corda di due anelli e, a fini puramente psicologici ci leghiamo.
Al termine del tratto innevato La ragazza sembra riprendere vigore e velocità.
h. 21.15 siamo in prossimità del Franchetti c?è ancora discreta visibilità.
La ragazza mi propone di lasciarla al rifugio e scendere solo, rimettendosi però alla mia decisione.
Allora:
Di lasciare lei sola non se ne parla.
Penso ai famigliari di tutti noi che ci aspettano a casa entro quella sera.
Sò di non avere problemi né di orientamento né di sicurezza nello scendere lungo il sentiero.
Lei ha dato segno, nell?ultimo tratto non innevato, di essere in recupero di energie.
Valuto che riusciremo a scendere in 2 ore e mezza.
Anche se poi farà notte davvero decido che è meglio scendere.
Però sbaglio. Contrariamente a quanto pensavo man mano che procediamo lei rallenta il passo. Ha difficoltà che nel calpestare qualsiasi macchia di neve, anche marginale, che incontriamo sul tracciato.
h. 22:30 (stima). Arriviamo alla Madonnina il suo telefono ha la batteria quasi scarica. Riesce a contattare il nostro compagno. Lui suggerisce di scendere per i Prati.
La cosa mi infastidisce un po?. Avevamo già valutato ed escluso questa soluzione.
Comunque, all?altezza della stazione della seggiovia mi affaccio verso i Prati, scendo qualche metro lungo i tralicci della seggiovia.
Non va bene: il fondo erboso è ben diverso in quanto a ?leggibilità? rispetto alle rocce bianche fra cui si è sinora snodato il sentiero. Le luci del piazzale di Prati di Tivo abbagliano gli occhi e condizionerebbero ulteriormente la lettura del terreno. Lungo il piloni possono esserci buche da scavo per possibili manuntenzioni, ferri divelti. Non mi fido.
Tento di comunicare al nostro compagno la mia decisione utilizzando l?ultimo ?fiato? del cellulare della ragazza. Penso che riceverà il messaggio ma non posso esserne certo.
Lentamente scendiamo.
h. 23:45. siamo in mezzo ad alcuni cavalli. Siamo alla vallicella che conduce ai laghetti.
È fatta!
I MAREMMANI
Poco dopo incrociamo i segni di uno stradello carrozzabile..
Lo stradello è quello che più avanti si ricongiunge alla carrozzabile che viene dai Prati, passando accanto all?ovile (per chi è esperto del luogo è quello che, se non l?hanno riparato ultimamente, ha il tetto di lamiera piegato dalle nevicate).
Ci avviamo. Dopo poco inizia un abbaiare di cani. Proseguo. L?abbaiare si fa più intenso e più vicino. Nel buio comincio ad intravvedere le sagome bianche di un paio di maremmani.
Un pò più lontanto e più a destra scorgo il bianco della carrozzabile.
Comincio a sbraitare anch?io mostrandomi a mia volta agressivo nei confronti dei cani. È una tattica che ho imparato durante i miei giri in mountain bike. Con i maremmani funziona, se sono solo un paio e non ti avvicini troppo al gregge. Si tratta di far capire che non sei spaventato, che non sei una preda.
Dopo un paio di minuti di contesa ne sbuca fuori anche un altro. Stanno ad una ventina di metri da me. Si fanno sempre più minacciosi. Tra i latrati ci sono anche quelli di cani di piccola taglia. Sono quelli che i pastori hanno imparato negli ultimi anni ad affiancare ai maremmani perché sono più vigili e ?stimolano? l?aggressività dei loro compagni di taglia maggiore.
I maremmani si dispongono a ventaglio, si alternano nell?abbaiare. Guadagnano gradatamente terreno.
La ragazza è rimasta dietro di me di una decina di metri. È chiaramente spaventata. Anch?io comincio a sentirmi meno sicuro. Ci allontaniamo lentamente. I maremmani si fermano.
Sono comunque ben lontani dal boschetto di faggi in cui è situato l?ovile.
Non stanno semplicemente difendendo il territorio. Ho paura che si trasformino in una banda aggressiva. Decido per una ritirata prima che possano percepire le mie scariche di adrenalina che potrebbero trasformarmi ai loro sensi in una preda intimorita.
Scoramento. Eravamo arrivati a pochi metri dalla carrozzabile che sale dai Prati. L?ultima, imprevista difficoltà, ci blocca.
IL BIVACCO
h. 00.30 Il telefonino è ormai scarico. Io non sono certo che il nostro compagno abbia ricevuto il mio ultimo messaggio e sia lì ad attendermi.
Mancano quattro ore al primo chiarore. In fondo non è tanto.
La stanchezza prende anche me. Decidiamo di passare quelle ore lì da qualche parte.
Voglio riguadagnare un po? di quota. Allontanarmi da cavalli, portarmi definitivamente fuori dalla portata dei maremmani. Dormire, anche solo un paio d?ore è fondamentale.
Ci sistemiamo sottovento ad un basso cespuglio. La notte è umida ma per nostra fortuna tutt?altro che fredda. I brividi che ogni tanto mi scuotono sono solo ?febbre da stanchezza?.
IL RITORNO A CASAh. 05.10(stima) raccogliamo le nostre cose. In fondo alla vallicella c?è una sagoma scura che si avvicina. È il ragazzo che si era unito ieri mattina a noi con lo scopo di fare un?escursione.
Poco dopo siamo all?auto che il nostro compagno ha effettivamente recuperato e portato alla Piana.
h. 07:20 colazione all?autogrill sull?autostrada in prossimità dell?uscita Aquila ovest. Si torna a casa.
Io i fatti li ho vissuti così. quanto scritto è mia unica responsabilità.