Il turismo è in prevalenza tedesco, complici l?affinità di lingua e forse anche una più simile concezione del tempo libero.
Passìria. Per 4 giorni ne ho respirato l?aria, annusato gli odori, studiato la gente, percepito lo spirito delle montagne.

Aria di Val Passiria
La Val Passiria sa di stalla e di ospitalità, un?ospitalità tipica dell?Alto Adige dove tu italiano non sarai mai uno di casa ma sempre e soltanto riverito ospite, rispettato ma estraneo.
Si tratta di un mondo a parte, dove i parametri per noi usuali del vivere cittadino sono qualcosa di sconosciuto. Sapranno mai qui cosa sia il piacere dello shopping ai centri commerciali? vien da chiedersi a vederli mentre radunano il fieno o governano le vacche.
Qui i valori fondamentali sono altri, sono quelli solidi di un tempo, la casa, la stalla, il prato, il lavoro rurale, i figli numerosi (quanti bambini!). Qui non esistono posti selvatici, ogni angolo di territorio, per quanto sperduto, è di qualcuno e quel qualcuno se ne occupa come se ne andasse della sua dignità, della sua credibilità sociale. Ogni radura di prato, ogni terrazza verde per quanto esigua esibisce una casa, una stalla con le bestie, una stradina ad accesso rigorosamente limitato non importa a quale altezza e a quanta distanza dal primo paesino dotato di negozio di alimentari, una corda d?acciaio per i trasporti quotidiani lanciata a valicare forre non conta quanto profonde. Ogni malga è funzionante e fornisce semplice e abbondante ristorazione ai viandanti. Ma d?inverno come faranno? vien da chiedersi. Domanda inutile, l?inverno qui non è nient?altro che la naturale evoluzione delle stagioni precedenti, qui tutto è contemplato e organizzato, tutto è sintonico con la natura e le sue fasi, niente è lasciato al caso, niente è imprevisto o imprevedibile.
E di questa perfetta gestione della casa e della proprietà molti hanno deciso di farne un mestiere aperto all?ospite: metà degli abitanti, infatti, sono anche albergatori, ristoratori, affittacamere, o lavorano in questi settori.

Maso con ospitalità
Ma non danno mai l?impressione di essere dei semplici commercianti, si direbbe che siano gente comune, magari forse un po? più benestante, che abbia deciso di lasciar condividere all?ospite un po? del suo mondo, purché l?ospite sia disposto a rispettarne le regole.

Maso con cucina
Hanno in ciò il loro tornaconto economico, questo è evidente, ma non danno mai l?idea di essere esosi, di voler approfittare della situazione: nulla è gratuito, però ogni servizio dà l?impressione di valer bene i soldi spesi per ottenerlo.

Tipico spuntino tradizionale
E le montagne fanno anch?esse parte di questo mondo perfetto. I sentieri costituiscono una rete estesissima e ramificata, sempre ben segnalata con cartelli e mantenuta in buono stato. Ma che se ne faranno, vien da chiedersi, di tutti questi sentieri che spesso non vanno da nessuna parte, ma raggiungono semplicemente altissime forcelle o anonime cime, valicano creste e vallate, percorrono decine di aerei chilometri e infine scendono altrove senza scopo apparente? Insomma il paradiso dell?escursionismo, si direbbe.

Paradiso dell?escursionismo?
Mah, non so. Dopo averlo visitato e considerato nel suo bene e nel suo male questo territorio qualche perplessità me la lascia.
Sicuramente il turista votato alla merenda potrà qui trovare il suo habitat ideale; certamente l?escursionista disciplinato non potrà che raccontarne meraviglie. Ma cosa ne potrebbe dire l?escursionista ?fantasioso?? Ebbene: se devo fare il confronto tra il mio terreno di casa, quello dolomitico, e questa regione che va sotto il nome di ?parco naturale del gruppo di Tessa? devo dire che resto un po? perplesso. Dalle mie parti la difficoltà del procedere in escursione è spesso legata all?incertezza nel trovare la via, alla difficoltà di scovare la cengia, magari l?unica utile tra forre e pinnacoli impercorribili, tra sfasciumi cedevoli e salti improvvisi. E quindi la soddisfazione dell?andare è commisurata anche alla difficoltà di trovare il passaggio, all?orgoglio dell?esser giunto a scoprire il punto chiave.
Qui invece, tra queste montagne spesso ben alte ma scarsamente ardite, poco dissimili tra loro, grigie e uniformi, una soddisfazione analoga come la si potrebbe conseguire? Qui i pendii non sono mai così erti da risultare impercorribili, e raramente il terreno è troppo impervio o franoso. Gli imprevisti sono rari e le soluzioni visibili anche da lontano, tanto che in molti casi si potrebbe forse procedere a occhio anche senza bisogno di seguire sentieri, basterebbe puntare a quella forcella o a quella cresta e semplicemente andarci (allenamento e fiato permettendo, ben s?intende, perché qui le distanze e i dislivelli sono considerevoli). Poi però capita che oltre una certa quota valloni e forcelle siano riempiti da ghiacciai perché la quota tremila è qui usuale e non riservata solo alle cime maggiori come accade in Dolomiti, e allora il gioco finisce senza offrire alcun barlume di soluzione.

La valle perfetta
Tutto scontato, insomma, anche in questo settore.
Che dire allora e in sintesi di questo mondo così ordinato e prevedibile? Roba da tedeschi? Forse. Però per 4 giorni sono stato davvero bene, anche se poi la nostalgia del mio usuale ambiente dolomitico si è fatta urgente. E rientrato tra gli amati Agordini ho ritrovato il piacere di sentirmi nuovamente a casa, non più dunque riverito ospite ma finalmente e semplicemente un amico, quasi uno di famiglia.